ELOGIO DEL PICCHIO VERDE
!a Giulia e Stefania
Potrà
essere bollata di peregrinità questa proposta seria di un elogio da rivolgere
al Picchio verde come riconoscimento obiettivo della sua funzione in natura. Un
elogio che sia da estendere ai colori del piumaggio, all’eleganza del corpo e
dello stesso volo. E senza dire degli effetti sonori gradevoli che produce il
lavoro di queste esemplari creature, simbolo di armonia, estetica, altruismo di
veri e propri missionari del bene e del risanamento, laddove un pericolo viene
annullato dallo stesso modus vivendi del Picchio, che infatti
qualche riconoscimento lo ha già incassato e figura nel diploma che l’uomo gli
ha da sempre consegnato classificandolo “Sanabosco”. Il che non è cosa da poco.
Si potrebbe, nell’ambito civile della nostra società di inquinatori spontanei o
specialisti per acquisizione di malizie e strumenti tecnici, dire che la
presenza del “selvaggio” Picchio sanabosco è ossimora rispetto al piromane
umano della patologia e all’incendiario rappresentante della civiltà
socio-politico-criminale dei nostri giorni.
Ma non è tutto per un elogio che tale voglia e debba essere, lungi da ogni
occasionalità peregrina o alzata d’ingegno come reazione alla temperie di
una contingenza che, si auspica, non diverrà cronica piaga, come sembra
rivelarsi quella ricorrente del fuoco appiccato dai malati gravi e dai
criminali, che tanto più tali sono quando si servono dei minori istruendoli sul
cosa dire a difesa, se colti sul fatto come è recentemente avvenuto.
2 – Il Picchio dunque come simbolo del bene prima ancora
che di armonia e bellezza, di gioia di vivere alimentato da un cibo singolare,
che lo nutre e che tolto dal corpo della creatura che ne è portatrice incapace
di difendersi procura a questa stessa la vita sana. Il Picchio
verde come modello per l’uomo dei parlamenti, delle cattedre e delle
responsabilità genitoriali al momento di educare i figli come di
chi ha il compito di dare esempi alla collettività, per dire dello stesso
genere umano che inquina mari e aria e che fa le guerre e inventa armi per
distruggere e distruggersi.
Il Picchio, sconosciuto, ignorato eppure vivente, presente e nobile simbolo
universale fin dalla primordialità, quando gli indiani della Prateria
dell’America del nord lo adoravano perché capace di allontanare pericoli come
quello delle bufere tempestose e dei fulmini. Andavano a cercare le piume del
Picchio cadute nel bosco per adoperarle nelle cerimonie rituali per lo scambio
di solidarietà e amore tra le coppie che si univano in matrimonio. O gli altri
indiani, quelli Pawnee, che celebrano nel Picchio verde l’emblema della
sicurezza e della perpetuazione della specie, infatti nel loro codice sociale
vige la norma che viene diffusa dalla leggenda secondo cui nella disputa tra il
Picchio verde e la tacchina, vince il Picchio. La tacchina sosteneva che
nessuno animale produce tante uova quanto ne produce lei, al che il Picchio
contrappose che solo la sicurezza può garantire la continuità della vita e
rispose: ” Io produco meno uova della tacchina ma dal mio nido inaccessibile,
nelle gole delle grandi catene montuose tra i boschi fitti, nascono
uccelli-Picchio destinati a morire di vecchiaia”.
3
– Addirittura, per i Negrito Semang il Picchio è il
volatile sacro per eccellenza, perché è benefattore per suo istinto naturale.
E per i romani era il Picchio a portare i nutrimenti suppletivi indispensabili
per alimentare e mantenere in buona nutrizione Romolo e Remo quando erano
piccoli e allattati dalla lupa. Simbolo di rinascita e di protezione, di
bellezza, agilità ed eleganza, come si è prima detto. Persino Jung ha scritto
che il Picchio verde rappresenta il soccorso, il ritorno della madre vera e
sapiente, quando nella giovane che ha acquistato piena coscienza di sé, prende
il posto della madre balorda, presuntuosa e tanto egocentrica da non vedere
altro nelle proprie figlie che le rivendicatrici delle sue frustrazioni. Il
Picchio, inoltre, come immagine liberatrice di ogni pensiero opprimente,
portato via dalla superficie (scorza dell’albero visitato dal sanaboschi) in tempo
per non contagiare l’anima (il midollo centrale dell’albero).
4 – L’armonia di cui spiegava Pitagora la nostra umana
incapacità al momento di percepirne l’essenza soave, noi abbiamo una sola
occasione per fruirla pienamente: l’ascolto dell’insistere ritmico e
costante del becco verde del Picchio sulle cortecce degli alberi del
bosco infestate da parassiti, una percussione pronuba di armonie perché
prodotta da altrettante realtà spontanee, quella dello smartellare salvifico
del Picchio verde accolta ed echeggiata dal soft assorbente della corteccia
dell’albero visitato dal sanaboschi. Caro benefattore dell’ordine naturale
delle cose, paziente ricucitore di quanto l’uomo tende istintivamente protervo
a sconvolgere.
The Walt Disney Company Italia Spa, Milano, 4 ottobre 1992: