IL PAPPAGALLO DI MIO NONNO PARROT
Mio nonno aveva portato il pappagallo dal
Sud America. Era bello, quel pappagallo, un tipo che non ti dico. D’accordo, un
falso oratore, e poi come gli davi il prezzemolo stava male, tanto che qualcuno
per sfotterlo, sfottere un pappagallo, poi, è da pappagalli autentici, gli
affibbiò il soprannome di P.P., ovvero Parsley Parrot, Pappagallo Pitrusino: “Pappagallo
Pitrusȋno”… Pensate un po’: già a
mangiarlo stava male da morirne, figuriamoci a sentirsi chiamare Prezzemolo in
dialetto, lui che parlava una lingua che solo mio nonno conosceva e traduceva:
P.P. faceva “Cràcra “, e mio nonno: “Enzù, vuole un bicchiere d’acqua
effervescente”. Poi faceva: “crà crà”, e mio nonno: “Enzù, ti ha detto: “Grazie,
Enzuccio, sei un tesoro”. Io lo guardo ridendo e quello: “Cràcra cràcra”; mio
nonno tutto ingaudiato: “Ha detto: “Enzu’ lo so che non ci credi, ma è così,
tuo nonno ha tradotto alla grande, si vede che è un Parrot (1) pure lui”. A quel
punto, tutti quanti, mia nonna, una mia zia analfabeta, una comare, una vicina
di casa, e persino Don Saverio De Gaudio, il nipote che mio nonno Parrot aveva
fatto studiare, persino sua moglie, tutti insieme: “Straordinario. Che
pappagallo!”
Dopo un po’ di tempo, mio nonno pensò di
far studiare il pappagallo come aveva fatto studiare quel suo nipote e non i
figli, che pappagallo, disse: “Sarà bene che impari il greco, non solo perché
siamo in Magna Grecia e per giunta Sibari è nella circoscrizione anche curiale di Cassano all'Ionio, patria del mio quasi coetaneo Francuccio Costello, ma anche perché non vedo perché il pappagallo di
Alessandro Magno studiò il greco (2) e il mio pappagallo che ho portato dal Sud
America debba solo parlare spagnolo, inglese, italiano, latino, francese,
sanscrito, shqip, portoghese, maltese, provenzale, catalano e dialetto del saraceno; che
ne dite se lo mandiamo, per cominciare, al ginnasio-liceo, col becco che si ritrova
sai come vocalizza l’aoristo, l’ottativo e gli
apofonici a grado zero?…”
E il pappagallo: “Cràcra cràcra crà Cra”.
E mio nonno, a bocca aperta: “Come? Non vuoi andare al ginnasio-liceo? Perché
non sai che fartene della scolarizzazione di massa, anzi sei un seguace di Ivan
Illich, quello di Descolarizzare la
società (3) !...E il greco, allora, come lo impari?”
Il pappagallo: “Crà”. Mio nonno sempre più
stupito tradusse per tutti: “Ma a che cazzo serve sta lingua morta senza
considerare che quelli che l’hanno formalizzata si dividono in due categorie:
una segue le pecore ed è per il betacismo
nella pronuncia; l’altra è per lo iotacismo
e invece di fare “be” come la pecora pronunciano la stessa lettera “vi”, come se la pecora di prima invece
di belare “vilasse”.
Straordinario. Che pappagallo sintetico
aveva portato mio nonno dal Sud America, con un semplice cra mandava al diavolo
tutta quella messa in scena di una lingua morta fatta di accenti e di apofonici
intraducibili. Cra, e vaffanculo tu e quell’ombrone dello iotacismo; Cra, e va
a pascolare tu e quell’insipiente teorico del betacismo delle pecore!│! V.S. GAUDIO
(1)Mio
nonno era soprannominato “Parrot”, che poteva essere anche lo shqip: “Pa Rrotë”, “Senza
Ruota”, oppure alludere a Jules Parrot, il medico francese della sifilide e dell’atrepsia, che aveva colpito il re d’Italia bambino Vittorio Emanuele III. O
anche: “Parrott”, che è l’americano del cannone omonimo brevettato e usato
durante la guerra civile in America. C’è anche il dubbio che mio nonno, invece
del Parrot, il pappagallo, forse aveva portato dalle Americhe il Parrott, anche
se non abbiamo mai capito quale fosse il calibro giusto dei tre dati in
produzione.
(2)Cfr.
Achille Campanile, Il pappagallo di
Alessandro Magno, in: Idem, Vite
degli uomini illustri, Rizzoli editore, Milano 1975.
(3)Cfr. Ivan Illich, Deschooling Society, ©
1970; trad. it. Arnoldo
Mondadori editore, Milano 1972.
$Leggi anche Le voci e il nipote di Parrot