Se tu mi amassi veramente, berresti volentieri
Sambuca.
Era accaduto proprio
questo: non bevevo più Sambuca da quando una donna in pantaloni gialli standomi
accanto sul sedile posteriore andando a Positano mi si era quasi seduta sulle
ginocchia, e poi una volta a Positano[i], con tutte quelle curve in
macchina da Napoli, vomitai l’intera bottiglia di Sambuca al caffè che mi ero
scolato prima di partire.
Allora, avrei potuto
ancora bere Sambuca per poterla fottere? Dopo questo fallimentare excursus nell’umanità
viaggiante, il poeta potrà soltanto o strapparsi i capelli con rabbia impotente, oppure ricadere nel suo
silenzio. Ma anche così dimostrerà la sua ubriachezza e che gli altri invece,
almeno quel giorno, erano sobri. Fatto sta che non ne volle sapere della
sambuca per almeno, quanti lustri?, 7 o forse 8 se non 9, ma non del caffè,
questo è ovvio. Difatti, poi, avendo conosciuto una giovane dal cognome omologo
alla nota azienda produttrice di Sambuca, ebbe una violenta costipazione della
sua pulsione uretrale[ii],
e non c’erano alternative possibili, figurati la terapia poetica, per via dei
gatti che quando ti seguono anche quando vai al bagno la mattina appena sveglio
la propria situazione è sì ancora un segno di resistenza e irragionevolezza, ma
il (-phi)
è nella stessa situazione di quel Marvin di cui parla Paul Watzlawick: come
Marvin, a cui la madre ha regalato due camicie sportive, quando ne indossa una
per la prima volta, lo guardò con aria avvilita e gli dice: “L’altra non ti
piace?”[iii], così quella mattina
quella ragazza, per via della mia pulsione
uretrale contratta o retratta dal gatto o dal nome della bottiglia di
Sambuca, guardò il poeta con aria avvilita e gli disse: “Non ti piaccio?”; più
tardi ancora, a colazione, gli fa il piedino e, poi, quando il poeta sta di
nuovo entrando in bagno, non c’è nessun altro, il gatto lo segue, lui non si
mostra né offeso né impaurito e nemmeno incazzato, anzi se poi si arrabbia la
ragazza riappare, con la tazza del caffè in mano, e si mostra offesa e gli
rinfaccia il fatto che negli ultimi tempi è lunatico.
Rientrano tutti in
casa, adesso che la finestra è stata aperta e l’aria ricambiata, il gatto
dorme. Lei dice o fa qualcosa in modo che il poeta, che non beve più Sambuca
per il fatto di Positano[iv],non sa se prenderla tanto
per scherzo o prenderla sul serio. Lei che fa? Avendo il nome di quella Sambuca
accusa il poeta, a seconda se l’abbia presa per scherzo o l’abbia presa sul
serio, di buttare in ridere una cosa seria, oppure di non aver alcun senso
dello humour. Il poeta la guarda esterrefatto: ma quando mai, ti sei bevuta il
cervello? E lei: e a te hanno
prosciugato la pulsione uretrale, o il tuo (-phi) ha fatto un tuffo col muso a testa di cazzo
circoncisa e si è rotto i denti?
E intanto si è fatto
sera, il poeta che non ne può più delle sue manipolazioni, se ne sta seduto in
silenzio, è un aspirante all’infelicità anche se non ha fatto nulla per
meritarsela, però, se guardi bene lungo la sua Herkunft, ha ascendenze bizantine, e quindi spinge la ragazza a
chiedergli se per caso ti si è ammosciato o ti succede per necessità? In ogni
caso, il poeta è sempre quello che si trova in uno stato quasi di confusione
mentale, anche se non beve più Sambuca da una vita. Con questa tecnica non solo
non vomita più e nemmeno le viene addosso, sulla via della rettitudine e della
normalità, anche perché poi a Positano non ci ha messo più piede, e adesso qui
in quel di Mantova può spingere pure la disperazione fino all’estremo limite.
Domani, dovrà pur
ripartire, che scala di rassicurazioni prenderanno i due? Se ne possono trovare
esempi magistrali in Nodi di Laing[v], con la parola veramente questi due rischiano di avere
un orgasmo simultaneo davanti a tutti: lei gli sussurra nell’orecchio: “Vorresti
fottermi?”; lui: “Sì”; lei: “Veramente?”; lui: “Sì, veramente”; lei: “Ma
veramente veramente?” Vanno avanti per un bel po’, il poeta arriva al terzo grado di erezione così come lo
descrive Eric Berne in Fare l’amore[vi],
probabilmente lei glielo tocca, davanti a tutti, la sorella, il cognato e il
gatto. E’ davvero piacevole, fin tanto che non si sa come all’improvviso
risuona il nome della ragazza e della Sambuca, e allora come è possibile tirare
ancora più in alto il gaudio verso il quarto
grado[vii],
se non potrà mai bere tutta quella Sambuca.
Non ce la fa, è per il
gatto, le dice. Veramente? Veramente veramente? Il resto è un imbarazzato silenzio. .|!uh-file di narrativa
by v.s.gaudio
[ii] Che è la pulsione “e”
di Leopold Szondi, la più soggetta alla censura interna e agli scrupoli etici
ma anche alla accumulazione di affetti brutali, come collera, odio, rabbia,
desiderio di vendetta, invidia, gelosia: in questo caso sarebbe la pulsione e-,
“e” negativa, che, poi, nella socializzazione del carattere, si manifesta come
tendenza all’esplosione, fisiologicamente corrisponderebbe anche, lo vedremo
più giù nel testo, al non contenere l’impeto uretrale.
[iii] Cfr. Paul Watzlawick, Se tu mi amassi veramente, mangeresti volentieri
aglio, in Idem: Istruzioni per
rendersi infelici, ©
1983, trad. it. Feltrinelli, Milano 1984.
[v] Cfr. Ronald Laing, Nodi, trad. it. Einaudi 1975. Ecco un esempio di Laing:
“Do you love me?”
“Yes.”
“Really?”
“Yes, really!”
“But really really?”
[vi] Cfr. in particolare il
paragrafo La potenza virile: “Nel
terzo grado il fallo raggiunge il massimo delle sue dimensioni ma non tuta la
sua nobiltà. E’ rigonfio, rigido e pronto all’erezione, ma a volte vacilla
troppo presto ed eiacula prima che entrambi i partner abbiano avuto la
possibilità di esprimersi pienamente. Questo è anche detto nel linguaggio
comune “avere il grilletto facile”: Eric Berne, Fare l’amore, trad.it. Bompiani 1971.
[vii] L’unicorno che carica,
scrive Berne: “così turgido e ardente che l’uomo sente di dover cominciare a
muoverlo se non vuole esplodere per eccesso di potenza”. Tra “impazienza del
pene” e orgoglio peyronico, in onore
del medico che per primo fece uno studio vero e proprio del fenomeno. Il poeta,
se superasse l’effetto-Sambuca, potrebbe denominarlo come “orgoglio esplosivo
del gaudio”(cfr. la nota n.2).