Schemi cerimoniali degli Aranda ai Mondiali di Russia.







Futbòl Mirovòj Reportaje ! ph. by gazzetta dello sport & Alexander Hassenstein



Tattiche cerimoniali e azioni segrete ai Mondiali di Calcio.
˜ Aurélia Roh Steiner & V.S. Gaudio!
Prima che tutto divenga una leggenda ancestrale e altri Spencer e Gillen[i] possano farne un’opera dell’editoria di Bilderberg piuttosto che una dispensa antropologica ad uso della scolarizzazione per le scienze della comunicazione, e le filosofie stesse, i  linguaggi e le chiacchiere anche la tenuta dello spettacolo, e dell’arte, è implicito, dei chierici del cosiddetto e già ormai consunto Dams, facciamo, io e Aurélia Steiner, come facemmo per la finale degli ultimi Europei, un resoconto delle cose notevoli, tra gioco, tattiche, strategie, prove agonistiche dei Mondiali  di calcio.
Aurélia mi sottolinea la ricchezza di formazioni in cui i partecipanti, giocatori, trainers e arbitri e guardanti del Var si dispongono durante le cerimonie, ovvero quelle che in gergo sono denominate “partite”. Alcune le conosco bene poiché il loro significato si è conservato ancora nella mia coscienza collettiva fino ai giorni nostri, e anche perché qualche volta ho guardato il gioco di Orlando alla Fifa della Nintendo Switch; altre formazioni, invece, colpiscono per la loro estrema stranezza. Ci sono, ad esempio, calciatori con il parrucchiere al seguito, per non parlare delle portatrici del rombo di Lacan, ogni giocatore che abbia un contratto di almeno 100 milioni , o di millebilioni, di euro o di lek, se vogliamo, rubli pure, e quindi sia un predestinato al cosiddetto “Pallone d’Oro” e non al Deposito di Paperon de’ Paperoni, quantunque alcuni e altri abbiano la R di Rockerduck come iniziale o dentro il codice fiscale, come, d’altronde, quel trafugatore di ritenute d’acconto in quel di Malta e dell’allegata Ghawdesh, dicevo: ogni giocatore cosiddetto ha una sorta di corredo figurante simile alla cosiddetta masnada olgettina, chi, tra questi milionari, non è andato in Russia né con la sua Nazionale né come commentatore tecnico, cioè parlatore infinito alla seconda, una sorta di voce parrottiana, che ci fa rivivere, fino al correlato mal di testa bilaterale, l’errore di tiro di uno di questi milionari in shorts e t-shirt, alcune molto graziose, la stessa Croazia, ad esempio, si è presentata in campo con una casacca nera sacra e iconica anziché l’abituale maglia a mosaico bianco e rosso, e , difatti, sino ai nostri giorni, ha avuto un culo pazzesco e noi italiani che abbiamo anche il cuore e il territorio croato non solo nell’anima e, le nostre pie donne, nell’animus, e che deliriamo per il deretano di cui allo spot per il vermouth Martini di Charlize Theron(che non è croata ma provate a figurarvela in un piacere singolare in cui c'è la trama di quello spot del Martini e lei indossa questa nuova casacca croata così densa di, iconicità razziale) forse anche per la libido e quindi quella losanga di Lacan che, può essere, è molto terrona, non solo per via della Magna Grecia e quindi del sibaritismo che vaga nell’inconscio collettivo di ognuno di noi, ancorché non sia mai stato in calzoncini nemmeno alle colonie estive degli anni Sessanta in quel di Cervia e di Milano Marittima; e dicevo: tifiamo per questo culo pregnante e iconico della Croazia, e di Charlize, che non è croata e forse non ha mai mangiato le marasche di Lussino, e quindi nel prossimo campionato di serie A chi potrà venire a giocarselo in Italia con altri che già, mi pare, siano qui già stanziali da più anni.
Mario Mandzukic con la nuova
casacca croata
 
L’altra sera, a cena con Aurélia Roh Steiner[ii], stavo in silenzio e lei mi rifilò un calcio negli stinchi, e strabuzzando gli occhi: “Ow?”. La guardai un po’ così con quell’aria che hanno i poeti quando non fanno tutte quelle chiacchiere come i parlatori infiniti alla seconda, e: “Fra tutte le azioni segrete, e quindi vanno compiute in silenzio, e tu che guardi la partita in televisione le vedi, e non sono segrete, anche perché non ne parla nemmeno il parlatore infinito alla seconda e Piccinini non esclama, quando tu le stai vedendo: “’Cèzziònale!”, l’Inghilterra ha messo in area lo schema in fila indiana: in fila indiana i giocatori stavano per andare a prendere i sacri Churinga nascosti in caverne o in altri luoghi; lo schema non dura un’ora, dura il tempo che ci vuole perché la punizione, da fuori area, venga battuta, e i giovani che vi partecipano non devono far domande, nemmeno gli avversari, che forse erano quelli del Messico, che, addirittura, se son fessi, ci cascano e fanno pure loro un’altra fila indiana. Il vecchio marpione, che tira la punizione, in effetti è lui che li guida e si serve unicamente di cenni o di spostamenti, di piccole rincorse, oppure tira da fermo, o magari si mette a ridere grattandosi la capa e il portiere avversario gli urla che sua sorella è una grande zoccola, e un giovanissimo nello schema indiano avversario: e non parliamo di quella troia di tua madre che sai dove se la metteva quella grande troia di Sibari! Insomma è inutile spiegare loro qualcosa, qualche elemento della regione connesso alle leggende ancestrali; così l’arbitro s’ incazza e tira fuori la bomboletta per segnare l’arco entro cui il tiratore scelto dovrà posizionare la palla e tirare, e smetterla di grattarsi la capa , tanto che, l’arbitro, spazientito, gli fa: “E se fosse stato Ronaldo a batterla ‘sta punizione del cazzo, lo sai no? Si mette lì a gambe aperte, la telecamera lo ripiglia in campo prima lungo e poi gli fa il primo piano e, si può dire tutto, ma hai visto che faccia di cazzo?”
Aurélia: come gli attori sacri che partecipano alle vere e proprie azioni rituali, il numero è esiguo: ho visto: la fila indiana era composta da tre, e forse rappresentano gli antenati totemici e sono acconciati in conformità, difatti è per questo che l’Inghilterra gioca con la maglia rossa anziché quella tradizionale bianca; tu li hai visti i giovani cosa facevano? Hanno formato un cerchio e danzato, non certo fino all’alba, altrimenti i supplementari quanto duravano? E poi all’improvviso: lanciavano grida determinate all’indirizzo del portiere: non certo ”Fuck you!”, che è semplice e banale; ma proairetismi basati sullo schema : “Mother-fucking”: grabber, jammer, humper, jumper, lover, rucher. Questo girare in cerchio attorno alla madre del portiere è una formazione assai frequente, ma solo l’Inghilterra la mette in campo con lo schema in fila indiana, e sia Piccinini[iii] che il parlatore infinito alla seconda, insuperabile l'enumeratore analogico Serena che, invece, fu centravanti sintetico ed essenziale,  e anche il coordinatore redazionale che indica sempre quanto recupero l’arbitro ha dato dopo che è comparso sul video da almeno tre minuti, non se ne sono accorti, presi come sono nella propria leggenda ancestrale anche se, poi, è straordinario, e lo vedremo, in queste feste rituali e strategie ancestrali, c’è anche il cosiddetto “mucchio”che il cronista televisivo di sicuro avrà visto in una cerimonia degli Aranda…
VS: in un’altra partita, durante la cerimonia in area che costituisce il principale avvenimento festivo nella vita della squadra, i giovani si mettono a giacere su una collina oblunga, in fila e schiacciati al suolo, rimanendo, così, muti, per molte ore, tanto adesso c’è il Var che vede e provvede. Questo giacere in fila, è ovvio, non lo può fare tutto da solo Neymar, il famoso giacitor solitario del Brasil, che, però, anche lui ripete spesso e una volta durò otto ore, e per via del fuso non si riuscì a stabilire se dalle nove di sera alle cinque del mattino o dalle quattro del pomeriggio, roba da controra, fino alla mezzanotte, che, poi, spensero le luci, e vai a saperlo eravamo nel novilunio, e non si vedevano nemmeno lampeggiare le mèches di Neymar!
Aurélia: Vuesse, mi ha impressionato un’altra formazione, molto compatta. Il Belgio. Gli uomini si serrano in mucchio tutti insieme, i vecchi al centro e i giovani all’esterno. Questa formazione a disco, in cui ciascuno è premuto dagli altri, gira su se stessa danzando per due ore intere, e si arriva ai supplementari comunque, mentre il canto dura ininterrotto nel loro cuore di guerrieri di diversa estrazione territoriale. Poi, tutti, l’ho visto contro il Giappone, si mettono a sedere conservando la medesima disposizione, anche Mertens che gioca nel Napoli e si dice che piange ogni volta che al ristorante i tifosi gli cantano "O sole mio", e anche Naingoolan a casa sul divano preso con gli sconti doppi da poltronesofà, incazzatissimo contro tutta la federazione e la nazione belga, così che il mucchio resta compatto come quando stavano in piedi, e Lukaku non riusciva imbroccarne una contro la retroguardia a cavallette del Giappone, e il canto della vittoria prosegue per altre due ore circa. E poi, li hai visti no?, sono qui per la solita pizza con le cozze, che manco a Taranto si era mai vista una formazione di pizza a cozze, tu dici che l’ha voluta Paola di Liegi dei Ruffo di Calabria per via dell’elogio di Manuel Vázquez Montalbán nelle sue Ricette immorali(elogio alla Paola, non alla pizza a cozze)?
VS: a volte i giocatori stanno gli uni dinanzi agli altri in due file e non cantano, profferiscono insulti. Non so dirti in quale partita ma ho visto che per la cerimonia conclusiva, con cui termina la parte rituale del tempo regolamentare, compreso il recupero, compreso anche il tempo perduto al Var, una volta stettero al Var e riguardarsi le immagini da 24 angolazioni diverse per 24 minuti, poi aspettavano i tweet da casa, da parte dei milioni di followers che l’arbitro aveva, ma lui niente, non li degnava nemmeno di uno sguardo, aspettava il tweet della madre, ma quella niente, non twittava, chissà che cazzo stava facendo la madre dell’arbitro, forse shopping, o footing, se non petting in metropolitana e il tablet le si era spento per via del petting in due file, e poi tornarono in campo e i giovani si misero a fare un quadrato e accompagnati dai vecchi, in modo davvero “cezziònàle”, andarono in rete, come se passassero sull’altra sponda del fiume ove le donne e i bambini sugli spalti si alzarono in piedi e cominciarono a piangere di gaudio. Questa cerimonia, Aurélia, presenta moltissimi elementi significativi; limitato il nostro discorso alle formazioni, va sottolineato che il mucchio, che non è sempre “selvaggio” come vorrebbe Piccinini, che tutti gli uomini formano insieme sul terreno. Di solito: tre vecchi, ormai alla fine della loro carriera, per cui se la giocano con rabbia e passione, e pensano anche ai soldi che ne ricaveranno non solo con gli sponsor e la pubblicità ma anche con la partecipazione della moglie nei vari programmi televisivi, forse addirittura all’Isola dei Famosi se non al Grande Fratello o addirittura al Festival di Sanremo tra i big, insomma ci sono ‘sti tre vecchi che portano un simbolo supremamente sacro, il pallone, come se fosse la borsa in cui erano contenuti i fanciulli del pallone primordiale della propria nazione, cadono a terra per primi e coprono con i loro corpi quel simbolo, che donne e bambini non devono assolutamente vedere, nemmeno da casa e in nessuna delle 24 angolazioni diverse di Mediaset. Poi, gli altri uomini, e in particolari i giovani che appena prima del mondiale erano abituati alla cerimonia della primavera se non della Under 21, si gettano sui tre vecchi, e tutti giacciono insieme a terra in mucchio disordinato. Nel mucchio sono soltanto più riconoscibili le teste dei tre vecchi, a volte capita che qualcuno veda un vecchio della propria nazione, tipo Totti se non Baggio o quel Pirlo così barbuto, e comunque rimangono così per alcuni minuti, come la crema Elvive dell’Oreal quando ti fai lo shampoo per ravvivare i capelli che, ahinoi, non sono più come quelli di Neymar; poi, cercano di liberarsi dal groviglio dei corpi altrui e alzarsi,  gridando “Var, Var!”. La formazione di un simile mucchio sul terreno ricorre anche in altre circostanze, non solo ai Mondiali, intendo, anche agli Europei e nelle partite del campionato di serie A, dove si applica il Var, ma non nelle competizioni europee perché pur gridando “Var”, in quelle cerimonie il Var è tabù. E l’arbitro potrà per questo estrarre cartellini gialli e rossi, e , all'occorrenza, sussurrare all'orecchio del postulante: "O Var non c'è; ci sta a Var...pi' quella postulante 'e sòreta!"
Aurélia: Mi è piaciuto durante le prove del fuoco, ancorché non ci siano stati ancora incendi boschivi qui in Russia, a differenza della Culabria dove molte ucraine se non fanno le badanti puliscono la casa in un casolare sperduto a qualche affiliata terribile della ‘ndrangheta e della massoneria della Virgo Fidelis gesuitica e ombrona quanto altre sette mai; durante le prove del fuoco, i giovani stanno sui rami ardenti, naturalmente non disponendosi l’uno sopra l’altro. Hai visto come fanno? Si recano verso la bandierina del calcio d’angolo, ove sono radunate tante giovani donne divise in due gruppi che devono essere inquadrate dalla televisione e devono a quel punto loro stesse indicare il maxischermo dello stadio. Le donne sono degli attrattori strani, come li intendeva Jean Baudrillard, e poi, a secondo delle nazioni in campo, l’esoto è al massimo dell’espressione per la prova del fuoco: alcune chiamano il giocatore che sta vicino alla bandierina e gli gettano contro inviti di fuoco, i cosiddetti rami accesi; a volte, questi rami accesi vengono scagliati sopra la testa del giocatore che, se è ramificata a sua volta, prende fuoco e allora sul maxischermo e nel televisore a casa è davvero uno spettacolo vedere come il giocatore sia infiammato e tiri un calcio d’angolo mandando il pallone in alto verso il cielo come se fosse un altro ramo accesso e tutto il cielo prende fuoco, e a casa i visionatori esterrefatti vanno in cucina a farsi l’ennesima fetta di pane con la Nutella.
VS: e la cerimonia della circoncisione, Aurélia, non l’hai vista? Ci sono sei uomini che formano una sorta di tavola, giacendo sul terreno, a centrocampo, di solito. Il neofita si avvicina e chiede che cosa stia accadendo e arrivano altri e lo pongono su di essi; l’arbitro è andato al bagno per una necessità urgente. Come il neofita vada operato, tutto si oscura. In Tv passano i quindici minuti di pubblicità. A volte c'è anche il recupero. Qui, allo stadio: buio pesto.L’azione rituale “giacere sul neofita”, che ha luogo durante tale cerimonia, se chiedi,  qualcuno: ma come non l’hai letto? Se ne è parlato nel capitolo precedente. O forse era il paragrafo precedente. O sull'altro canale, visto che in televisione si vede tutto, sempre che funzioni il digitale e la rete elettrica ferroviaria del sistema Gaudì non abbia sconnesso il collegamento.
Facciamo un riassunto.
Lo schema in fila indiana ha dentro il paradigma del viaggio: difatti ha qualcosa del “trenino” di capodanno. La sua importanza nella tradizione della tribù inglese non dev’essere sottovalutata. Gli antenati calciatori devono spesso aver viaggiato sottoterra, anche in metropolitana. Uno dietro l’altro, i giovani posano gli scarpini sulle impronte dei passi degli avi. Il loro modo di camminare e il loro silenzio, mentre chi tira la punizione urla tutto l’indicibile contro gli avversari che per fare la barriera gli scemi hanno invece prolungato la fila indiana, manifestano il rispetto verso la sacra via e la sacra meta. Cascano tutti giù per terra: rigore, indica l’arbitro, che è quasi sempre un turco se non uno yankee che non ha mai giocato a pallone, né quantomeno abbia lavorato in gioventù alla "Mondo" di Gallo di Alba.
Il girare in cerchio o danzare in  cerchio è un’azione destinata propriamente a fissare, a consolidare, la rappresentazione sacra che si svolge al centro. Come nel rugby, poi arriva il finto scemo che prende il pallone tanto per rendere omaggio alla rappresentazione sacra e beffa il portiere da qualunque distanza, tanto quello era andato a danzare in cerchio in un altro punto del campo.
Il giacere in terra anche non in fila è da calcio da rigore, O da Var. Simboleggia la morte e i neofiti rimangono in tale posizione assolutamente muti, senza alzarsi per parecchie ore. Tutti continuano a giocare. L’arbitro beve Coca Cola in continuazione. Poi d’improvviso il neofita addormentato balza in piedi, risorto e il pubblico gli fa: “Buu!Buu!”. Neymar il giacere in terra lo fa in ogni parte del campo. Lo fa secondo la pettinatura. Il risultato è più o meno lo stesso. Il conto in banca, invece, simboleggia, a proposito della morte, una eredità “incredibile” “cèzziònale”!
Le due file che si fronteggiano e agiscono insieme, sono come due mute ostili: le ho viste in Belgio-Giappone.
Il quadrato che è un simbolo di difesa da ogni lato si commuta spesso in rombo come simbolo di attacco: si muove in un ambiente ostile. Spettacolare nella partita che ha visto l’eliminazione ingiusta del Giappone.
Il disco che danza, fitto di uomini, con il suo moto, è la forma estrema di una massa ritmica, c’era in uso nella squadra del Giappone, ma anche in quella del Belgio, che per la costituzione diversa dei suoi giocatori, faceva uso anche del mucchio sul terreno, che difende un prezioso segreto. Un po’ come avviene nel gioco della Croazia. Si vuole tenere nascosto qualcosa con tutte le proprie forze, e nel mucchio non si accoglie anche un “moribondo”? Così come si stava dando il portiere contro la Russia, e tanto è prezioso per la sua gente: con lui in porta, non si reggeva più, doveva essere sostituito, il mucchio disordinato, con lui che saltella in porta e irrita il tiratore avversario, vince ai rigori!



[i] Cfr.B.Spencer e F.J. Gillen, The Arunta, London 1927.

[ii] La finale degli Europei: ero a Paris con Aurélia Judéja Pedregoso; e ci si relazionò con  Marisa Aino e Gaudio Malaguzzi che erano nel Pantano di Villapiana, in Italia. Aurélia Roh Steiner, che è la Steiner di Bremerhaven, la cittadina anseatica al nord della Germania. Furiosa e nera per il gioco e l’eliminazione della  Germania, che non ha messo in campo nessuno, nemmeno parzialmente, come l'Argentina d'altronde, degli schemi di cui all’antropologia delle formazioni umane presso gli Aranda, di cui riferisce Elias Canetti in Masse und Macht, Claassen Verlag, Hamburg 1960. 
[iii] “Che, Vuesse? Non è parente di quella Francesca Piccinini pallavolista('cezziònàle, no?) che pare che sia stata intravista in qualcuno dei tuoi piaceri singolari…”: