Kazimir Malevich Suprematist Composition: White on White, 1918 79.5x79.5 at Moma |
£Bianco
nippodice del Bianco venerdì
Nella Suprematist Composition: White on White, l’oil on canvas , 31 ¼ x31 ¼ , di Kazimir Malevich, che hanno anche al
Moma, a un certo punto vedevo
un podice nipponico rinserrato in un white jeans che quando lo portano le
giapponesi di Chiba ogni
“Black Friday” viene convertito subito in “White
Friday”, anche al giovedì e a
seguire al sabato. Cosa vuol dire questo ? Che le profezie si realizzano da sé
o piuttosto sono i piaceri singolari impostati sul bianco che al giovedì, se
profetizzati, si avverano di sicuro entro sabato? Certo, ci deve essere una
certa capacità di provocare proprio ciò che si cerca di evitare, ad esempio :
così imbragallata la nostra patagonica giapponese di Chiba, la vediamo che ci
passeggia davanti in via D’Aquino a Taranto, è una cosa inaspettata: e il
poeta-visionatore stesso che vive tra aspettativa, preoccupazione, convinzione
e sospetto ventiquattro ore al giorno, ed è un colto sibarita, pur attendendola
proprio a Taras, come d’altra parte fu per Laura Sfez quando la vide
passeggiare sotto la pioggia a Hong Kong, vedendosela camminare lì davanti con tutto
quel podice nippomesomorfo capisce che la semplice attesa si è avverata.
Tuttavia, questo meccanismo agisce perfettamente solo quando ci si rende conto
che è il soggetto stesso a farlo funzionare. La cosa non è difficile: Taras
stessa, per la quadratura delle sue strade, dopo il ponte girevole, è come se
fosse una sorta di quadrato di Malevich che fa da scacchiera del Behaviour
Setting e del podice nippopatagonico in jeans bianchi e dell’occhio del
poeta-visionatore.
In questo inseguimento
del podice bianco nel White on White
di Malevich sta tutta la saggezza del popolo giapponese e dei poeti che a un
certo punto scoprono di avere nella mano sinistra l’anello di Salomone, che,
anche questo si è tracciato sol perché un mattino di gennaio una zingara lo
aveva profetizzato al poeta incredulo: nell’inseguimento sta il gaudio, non nel
godimento. Già Lao Tze raccomandava di scordare l’opera non appena terminata,
come un piacere singolare, così l’altro venerdì ricominci a farlo, e
naturalmente partendo da un altro punto del quadrato Bianco su Bianco.
Il bianco, dei jeans,
addosso a una donna, è una veste severa, che serve per incantare, tormentare il
poeta-visionatore, a patto che la patagonica non si faccia toccare il culo e,
sarebbe tremendo, figuriamoci se, di botto, svoltando a destra, si piegasse come
per simulare la giumenta del compare Pietro e…plop: c'è tutto quel bianco che fa esplodere il
suo bagliore ainico, è talmente reale quel culo che annienta, affloscia la
pulsione uretrale del poeta-visionatore. E’ come il Fiore Azzurro, solo che
questo è Bianco, e l’ascetica rinuncia alle più basse soddisfazioni gode di un
grande prestigio sociale, anche a Taras o a Chiba, e fa battere più forte il
cuore di ogni madre di questo benedetto e patagonico bianco podice. Il quadrato
non è un labirinto, come puoi perderti per strada? E girare in tondo? Le lunghe
soste fanno fremere di più e il battito del (-phi) si innalza al meridiano, del
poeta, e zufola al parallelo del bianco podice, la composizione è davvero
suprematista.
D’altra parte, l’incanto
della luna di miele finisce prima del plenilunio che di lì a martedì sta per
arrivare: all’arrivo nell’esotica e lontana città di Taras, il poeta sibarita
sostiene una prova decisiva, affronta nuove complicazioni, e il patagonico
podice bianco tarda ad apparirgli nel quadrato Bianco di Malevich: con tutta
questa salsedine, quando finalmente apparirà, mettiamo che non è venerdì e
quindi non è il profetizzato White Friday, lui cambia città e lei, è sicuro,
non arriva più da Chiba, facciamo attenzione al suo arrivare e se metti che
stia entrando in città da un’altra strada, non potremmo più seguirla?