Il dorso del (-phipi)|(-φπ)
Mettiamo che un poeta si
metta lì a guardarla la nuotatrice tutta nel suo meridiano contrassegnato dal 3
del blocco di partenza, che è basamento o epitaffio, e la ami follemente per tre giorni, e tre
notti, chi può essere così folle da considerare, anche su “Chi” o il “Novella
2000” del XX secolo, che lei, essendo un trofeo o un monumento dell’acqua, possa aver riamato il poeta-visionatore per un
periodo di tempo all’incirca corrispondente? Giorgio Manganelli avrebbe potuto
testimoniare che il poeta incontrò la nuotatrice per caso il quarto giorno,
quando da due ore, facciamo tre, aveva cessato di amarla. Come nella Centuria Quarantanove: inizialmente, fu
un incontro lievemente imbarazzante[i], anche perché lei non era
sul bordo della piscina; tuttavia, non dissero una parola, e la nuotatrice fece
anzi finta di non aver mai visto e conosciuto siffatto visionatore. In realtà,
c’è chi dice che anche la donna aveva cessato di amare il poeta, e si stava
preparando per la prossima gara, e lui allora la vide ancora così sul bordo
della piscina, al blocco di partenza, come se fosse il Meridiano 3, e quindi con uno
scarto di 12 minuti. Come se pure a lei mancassero sempre i 12 minuti che
mancavano a Aurélia Steiner di Durrës. E quindi con la stessa mancanza o
assenza che non ha bisogno di alcuna diversione mistica, né fa sì che la sua
estraneità alla propria cultura sia troppo grande[ii].
C’è anche chi dice che
nessuno può amare un’infrastruttura o una sorta di monumento somatico[iii], per quanto fosse di
spalle, e sembra che anche la donna rammentasse quei dodici minuti di
differenza come se fossero quasi i suoi sei piedi di altezza o, c’è chi lo
insinua, come se fosse un assiduo frequentatore dei seminari di Lacan, i 12
pollici dell’oggetto “a” dell’atleta acquatica. Che non è
detto che non ne traesse argomento di amarezza, di frustrazione, di rancore per
via dell’orologio ad acqua. Per questo, il poeta cercò di scriverle un
biglietto, o una semplice email, in cui mostrarle come quei 12 minuti rivelassero,
per via del suo dorso così costituitosi come terzo Meridiano, una sorta di
innalzamento speculare all’innalzamento del (-phi)
: quindi lei era qualificata come fisicamente superiore; la vedi ed esclami: il
drago non è stato ucciso dal cavaliere, oppure: non è vero che solo un
cavaliere può uccidere un drago, o un poeta, ad esempio, e non un militare di
carriera, e nemmeno un finanziere o un carabiniere che fa il campione sportivo;
il drago giace abbattuto, non importa se trafitto, dissanguato e tuttavia
esangue, in mezzo a bisce, rane, conchiglie, sul bordo della piscina, poi, se
vai a vedere, dei draghi si sa poco o niente, a differenza dei poeti che come i
cavalieri che uccisero alcuni draghi ignorano, dei draghi, anche il poco che se
ne conosce.
La nuotatrice ribatté
che la sua superiorità fisica era fuori questione, tanto lei era arrogante e
presuntuosa, era del Leone, ma che in questo caso qualcuno ne aveva abusato, e
l’aveva coperta di oltraggio, calcolato e freddo, addirittura per tre giorni e
tre notti, lei tutta in maillot de bain pronta a tuffarsi, immobile nella
fotografia e nell’occhio del poeta, e quei dodici minuti, quantunque non
fossero i 12 pollici di non so che cosa,
scavavano fra di loro un abisso che nulla avrebbe mai più colmato. E il colmo,
disse la tosta campionessa dell’acqua che aveva ucciso il drago, è che non vedo
come si possa amare un frivolo e sensuale, in sostanza quel poeta non è che un
manualista seguace di quel monaco, come si chiama? Quello che è del Leone pure lui,
quell’Ignazio, sugli esercizi del quale tanto scrisse Roland Barthes.
Il poeta cercò di far
notare che, giacché più non v’era amore, il problema poteva considerarsi
superato, e comunque non tale da indurli a troppe amare considerazioni, seppure
lei continuasse a rimanere così eretta al Meridiano e col dorso nella finestra
visiva del poeta-visionatore: ma sapete com’è il poeta, lo disse con una certa
retorica della vivacità, che tradiva la
paura di non poter più amare la nuotatrice nemmeno guardandola da dietro.
Tanto che lei rispose
che la fine del loro amore, e si mise a ridere: chiamiamolo così, si rivolse al
poeta che stava giù, quasi sarcastica, caustica come le campionesse sportive
del Leone sanno naturalmente essere, era non già un conforto, sai quanti ne
trovo di follower a seguirmi e a guardarmi non solo sul bordo della piscina con
quel maillot de bain che, poi, che cosa aveva di così patagonico?, ma era solo
l’indizio che qualcosa di pravo era stato fatuamente consumato.
E il poeta: e ne porti
le cicatrici?
La nuotatrice, quella
che la conosciamo tutti com’è: tu devi essere strambo, d’altronde non solo fai
il poeta ma anche gli esercizi a mano di quel gesuita: ho detto “pravo”, e non
so da dove è uscito, forse per via della cantante che ha la mia stessa Herkunft territoriale, cioè acquatica?
Il poeta ebbe una breve
risata, si sa come sono i poeti, non ridono mai, e quando ridono è come quando
fanno, anche se sono alti pure essi sono sempre brevi, ma il fatto è che non fu
cordiale, anche perché anche lui era del Leone, e le nuotatrici gli stavano sul
(-phi), non solo quelle sul bordo 3
della piscina.
In quell’istante,
cominciò tra i due un grande odio, tra Venezia e il bordo della piscina, il
meridiano dei 12 minuti e i 12 pollici del (-phi), Ignazio di Loyola e Jacques Lacan, Giorgio Manganelli e la
Centuria Quarantanove, un odio
meticoloso e travolgente; entrambi in qualche modo sentivano che quella
differenza di 12 minuti era veramente qualcosa di atroce, e che qualcosa era
accaduto che aveva reso impossibile la vita ad almeno uno dei due.
Ora, il poeta dice:
adesso che cosa dovrò fantasticare, le iniziali del tuo nome, per allitterare
il (-phi) che si innalza al Meridiano[iv] e ti guardo che stai lì
eretta nel tuo patafisico nageur e stai per tuffarti, e allora perché cazzo non
vai a tuffarti da un’altra parte, vai a farti un bagno tu e quel (- phitreista) di Lacan!
La nuotatrice, come se
lo afferrasse per il bavero: è fantastico, cosa dovrai fantasticare, pravo
esercitante dello Shummulo, cosa credi, pensi che non sia a conoscenza della pulsione
di Szondi che anima i tuoi esercizi singolari? Invece di stare lì a guardarmi
il dorso, e vabbè che hai fatto un poemetto intitolato”L’entusiasmo del dorso” quando io non ero ancora nata e l’hai
dedicato a dei pravi fantasticatori come te[v], perché non ti metti pure
tu un maillot de bain, ti metti qui sul bordo 3 della piscina e ti faccio
diventare un farfallista provetto rifilandoti un calcio in culo con i 12 pollici del mio
piede ?!
Mini-Lebenswelt di V.S. Gaudio
con Federica Pellegrini e Giorgio Manganelli !
[i]
Cfr. Giorgio Manganelli, Quarantanove, in: Idem, Centuria.
Cento piccoli romanzi fiume, Rizzoli
1979.
[ii] Cfr. V.S. Gaudio, Aurélia M Gurgur. Aurélia Steiner de Durrës,
I libri di Uh Magazine, Collezione Aurélia Steiner, Edizione speciale
numerata e firmata 2018:pag.23.
[iii]
Si può pensare anche a qualcosa come uno stabilimento industriale, se non un
arsenale, l’arzanà stesso di Venezia, insomma un’officina, un’impresa,
nell’ambito della navalmeccanica e della cantieristica, una fabbrica bellica
del nuoto.
[iv]
Il (-φ) di Lacan ha in sé o,
quantomeno, è speculare alle iniziali della nuotatrice, che alcuni pensano che
potesse essere Federica Pellegrini. Sarebbe non certo un
semplice (-effepi) ma il patagonico
(-phipi). Precisamente, per un
poeta-visionatore seguace di Lacan: (-φπ).
[v]
L’entusiasmo
del dorso è apparso la prima volta, corredato di un disegno di Klelia
Kostas, in “Lettera” n.9, Cardiff
1976. E’ compreso in: V.S. Gaudio, Sindromi Stilistiche, Forum/Quinta
Generazione 1978. Era dedicato a Georges
Bataille, Camillo Pennati e Franco Spisani. Era stato scritto nel
Pantano di Villapiana nel settembre 1975.