Uno dei primi Test di Vuesse Gaudio per "La Stampa":Yuppie-test!... |
(...)
5. Da
testologo de La Stampa negli anni Ottanta e Novanta (o di Donna Moderna,
visto che siamo allo stadio culturale in cui il feticismo speculativo del
mercato dei segni comportamentali fa esso stesso parte del rituale di trasparenza
dell’industria culturale o dei mass media, se si vuole), la ripubblicazione
di Inciviliti dalla scienza o divorati dai cannibali(9 )nel XXI secolo
in cui siamo succhiati dalla tecnologia e la catastrofe virtuale è ormai infinitamente
più che reale nel transeconomico, nel transpolitico, nel transestetico,
in questa artificiosità – che non è ancora assoluta fosse solo per gli
effetti perversi che ancora le macchine si danno come piacere nel produrli– che
interrompe il soggetto e il mondo, e quando lo rende immobile, o nell’anamorfosi,
si può scorgere, proprio perché non si dà equazione né sommatoria in nessun
luogo di questo mondo frattale, la forma segreta dell’Altro, mi sono trovato in
volo nella linea spezzata o al meridiano dell’interrogativo di Vira Fabra:
Eri →testologo?
O →testoforo?
Eri →testista?
Per quanto
lo fossi nella misura i cui mi si retribuiva, essendo un sopravvissuto del
duemila, il teorico che credeva presunzione il poeta e vita la poesia, dal
libro al giornale, dalla televisione alla stampa, dalla tribù e dal gruppo al
target, dallo stadio allo spazio della pagina, dall’elettricità alla carica
telepatica, dentro l’abolizione della scelta obbligatoria dell’impiego sicuro,
avendo eliminato l’impossibilità di realizzarmi in un lavoro conforme alle
proprie aspirazioni, avendo risposto no a
“Eri
sindacalista?”,
“Eri farmacista?”,
“Eri medico?”,
“Eri atleta?”,
“Eri
matematico?”,
“Eri sociologo?”,
“Eri
estremista di sinistra?”(10),
“Eri
estremista di destra?”,
“Eri omosessuale?”,
“Eri
politico?”,
“Eri
masochista?”,
“Eri
egiziano?”,
→e se rimani
a somma zero non è come il “gioco a
somma zero” che riesce fatalmente a imporre le proprie regole anche agli
altri sia che questo voglia giocare oppure no, che è come la bomba di Hiroshima
o il nazionalsocialismo, o gli Americani, che sono sempre dentro in una
costipante ipersoluzione del mondo, dicevo che, se sei a zero, vuol dire
che il mondo lo stai guardando nel dettaglio, lo cogli di sorpresa, nella forma
di un segno la cui evidenza è perfetta, anche se, come nell’anamorfosi, a partire
dai suoi frammenti e seguendone la linea spezzata, la forma segreta dell’Altro ha sempre un po’ l’ombra di un
virus che si sta propagando nelle varianti banali dell’incantesimo, che non è
più sessuale, lo scatenarsi virale dell’Aids – che venne dopo la pubblicazione
del testo di Vira Fabra – era infinitamente diluito nella transcultura
produttiva dei media e della comunicazione, nonostante Mullis ponesse qualche
interrogativo all’installazione e alla configurazione elementare dell’epidemia.
→Se sei a più
di zero, può darsi che tu creda ancora che l’Altro vada incontrato. E non
seguito. Né che debba seguirti.
Eri economista?
Eri sociologo?
Eri assicuratore?
Eri un romanziere del bello
dell’industria culturale?
Un giallista?
Un magistrato pensionato o no
che dimenticando i suoi atti
d’ufficio
manipolava gli indizi a
piacimento
del diporto dell’industria culturale?
Eri un poeta della Cricca?
Un filosofo amministrativo?
Un professore associato di
scienza comportamentale?
Un semiologo (uno dei due) del
Dams di Bologna?
O forse
forse uno scrittore sperimentale alla Jonathan Safran Foer che torna in
libreria in questi giorni (Oh, che ti sei perso, Vira!), con un esperimento
audace(11):
per la
londinese Visual Edition ha “costruito” un libro usando frammenti, gruppi di parole,
dalla raccolta di racconti Le Botteghe
color cannella di Bruno Schulz, scrittore polacco ucciso nel ghetto di Drohobycz, autore di riferimento, oltre che di
Safran Foer, di David Grossman, Philip Roth e
Cynthia Ozick?
(9 )Va da sé che non è nelle mie intenzioni occuparmi qui delle tre
proposizioni
di Jakobson, o quantomeno della n. 3 (“Una descrizione del
processo empirico
dell’azione poetica”), al fine di definire almeno il virus
linguistico come
precipuamente clinico, che, sì, possono articolarsi in maniera
logica ma
sempre nell’ambito di una logica formale. Anche perché quando si
tratta di
poesia – e qui il genere non è quello – si arriverà a trovare in
Lautréamont
quella che sembra essere la sua immagine primordiale: la pratica
della poesia
come allevamento e propagazione dei polli; quantunque Ducasse
fosse alla
ricerca di una retorica insidiosa, dagli effetti subliminali,
secondo Christophe
Hanna, Poesia azione diretta. Contro una poetica del gingillo,
HGH 2008
(tratto da Poésie action directe,
uscito per le Éditions Al Dante nel 2003). Il
formato pdf è reperibile online all’indirizzo:
http://gammm.org/wp-content/uploads/2008/02/hanna-christophe-poesiaazione-
diretta.pdf
(10 )A
meno che non si debba ritenere tale il Poeta che, negli anni di piombo in
quel
di Torino, ebbe la ventura di conoscere la cugina di quel famoso
estremista di
sinistra, figlio di un ben noto politico della D.C. (che, a guardar
bene adesso da questo
secolo, è anche l’acronimo che lo sigla…).
(11) Come
se V.S. Gaudio, nell’inventare i generi della Stimmung e della
Lebenswelt
negli anni Settanta del secolo scorso, avesse cavato patate,
giocando, per l’appunto,
a somma zero (come lo si intende nel Vira-Test): tu
cavi patate da sette
lustri o fai, come Apolloni, singlossie come se pisciassi
nell’orto [per non parlare di chi è postfatta, che, se non era lei una civile
divoratesti, chi lo
sarà fra qualche giorno in libreria?] poi
arriva un cavatore,
come noi, nel secolo
dopo e l’industria culturale del capitale gli dà
dell’“audace sperimentale” come
se fosse Samuel Beckett! Ma dai, fosse stato
un giallista, sarebbe stato più
logico, sai quante tesi di laurea magistrale
avrebbe già all’attivo*…
V.S. GAUDIO
RIVISTA DI STUDI ITALIANI
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Anno XXXIV
, n° 2, Agosto 2016 ( Contributi )
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* Questo Vira-Test è stato redatto nel
2010, su richiesta di Ignazio Apolloni,
come
→introduzione, o →post-fazione, mi sembra più consono, alla →nuova edizione
di Inciviliti dalla scienza o divorati dai cannibali di Vira Fabra che, nelle
intenzioni iniziali di Ignazio Apolloni, avrebbe dovuto essere il primo volumetto
della nascente→ Fondazione Apolloni-Fabra.
Ignazio, poi, ha dimenticato
o accantonato il progetto di stampa. O,semplicemente, differendo di
volta in volta, alla fine la cosa non l’ha potuta fare in tempo.
Paradossalmente,
pare che, non realizzato l’omaggio al nome di colei che era alla
base della Fondazione, la stessa Fondazione sia venuta a cessare.