La macchina uretrale ⍚ Due nuovi piaceri singolari

e tu…sul balcone…turbata
La macchina uretrale 
e la particolarità non specifica


Anche le più virtuosistiche utilizzazioni di una tecnica, ad esempio quella della “particolarità non specifica” (“non-specific particular” del sociologo Howard Higman)[i], hanno dei limiti, anche se, nei piaceri singolari, la morale della messa in scena, o della storia, è proprio quella che va “illimitata”.
Se c’è un piacere singolare basato su violazioni relative ai ruoli che gli attanti hanno nella vita reale, questa tecnica verbale produce effetti veramente patafisici  nelle interazioni telefoniche, sempre che, alla base archetipica, diciamo così, siano state messe in funzione le rispettive pulsioni dei due interagenti. Come dire: la particolarità non specifica, a cui, nell’interazione telefonica, i due fanno riferimento, è specifica nel rombo lacaniano dei due attanti, situazione di base o archetipica che sveleremo in appendice alla messa in scena di questo piacere singolare:

Due nuovi piaceri singolari
F. Penzù: “È arrivato?”
Enzù il poeta: “Sì”.
Lei: “E com’è?”
Lui: “Straordinario”.
Lei:”Dove l’hai messo?”
Lui:”Dove lo metto di solito”.
Lei:”Di solito come sul balcone?”
Lui: “Come l’ho messo l’ultima volta”.
Lei:”Frammezzo?”
Lui: “Tra l’una e l’altra”.
Lei: “Lo lasci così su quel balcone?”
Lui: “È il posto più visibile e nessuno può pensare che sia lì”.
Lei: “Frammezzo. Però…se si bagna?”
Lui: “Così in alto e steso all’aria aperta si asciuga prima!”
La situazione archetipica: in strada una macchina in fiamme che, stranamente, prende a muoversi verso sud. Se arriva alla pompa di benzina pensate un po’ che botto e che fuoco! Lei, che è arrivata insieme al marito da poco da un paese vicino, è tutta tesa nel suo vestitino scuro, freme tra angoscia e paura, e sta sull’uscio del balcone, eccitata e fremente a guardare l’auto in fiamme; il marito è sceso in strada a vedere da presso; dietro di lei, sul balcone, c’è il poeta, anche lui tra angoscia ed eccitazione, le fiamme gli tirano su la pulsione uretrale, è straordinario, quasi non tocca tanto sente il fremito del suo tergo, nel frammezzo tra seta sulla carne del pondus, pelo e quarto grado dell’erezione nella scala cosiddetta di Eric Berne. La tecnica semplice non è affatto nuova, come scrive Watzlawick[ii]: già Ovidio la descrisse nella sua Ars amatoria: “Ama veramente solo colui , o colei, che riesce a convincersi di ardere di passione”, con tutto quel fuoco anche così proditoriamente messo in scena.
C’è, naturalmente, un’altra messa in scena del piacere singolare interagito, con la situazione archetipica del balcone e dell’auto in fiamme. E viene fuori una sorta di macchina uretrale: un complesso antifuoco sensoriale tra la pulsione “hy” della donna e la pulsione “e” del poeta[iii], che, come punctum-archetipo, è nel cosmogramma dei due attanti: Lilith/Sole/Venere e punto dell’Animus♢⚦ della donna sulla cuspide della casa V del poeta e, per antisci, sul discendente dello stesso; per tacere del punto sensibile cosiddetto f della donna in congiunzione con il punto dell’Anima del poeta.
Comincia lui: “Te la ricordi quella domenica dell’incendio?”
E lei: “Mmmm….quando, cos’era?”
Lui: “Era domenica e sei arrivata con quel vestito…”
Lei: “ah, sì…quella macchina…”
Lui: “ardeva…e si muoveva…e tu eri sull’uscio del balcone…turbata…tesa…così presa…”
Lei: “e tu invece stavi comodamente seduto sul divano…”
Lui: “Veramente stavo in piedi…dietro di te, alle tue spalle…con quel vestito…”
Lei: “e…la macchina in fiamme…che si muoveva…”
Lui: “e…”
Lei: “e tu dietro…così teso…e mi hai toccato, a un certo punto, il braccio…e sei venuto più vicino…dietro e…”
Lui: “Ti sei girata lieve e…la mia mano sinistra…il dorso forse…lieve come in volo ha percepito la pelle del tuo tergo sotto quel vestito…”
Lei:”Era proprio domenica?...Ah…sì…eravamo andati…”
Lui: “e poi siete venuti…sei venuta con quel vestito…e subito quella macchina a fuoco…e tu…sul balcone…turbata da quella macchina in fiamme…”
Lei: “E tu…turbato dietro di me…”
Lui: “e…quando sei andata via, tutta turbata, seduta in macchina, con quel vestito e…”
Lei: “e tu…avevi quei jeans…dietro di me…e mi sono un po’ mossa…e mi hai sfiorato il braccio con una mano e il fianco con l’altra…e”
Lui: “e, come stavi seduta in macchina…così vestita…così turbata…e tesa..con quel tuo modo di stare seduta per quella macchina in fiamme…e…di cosa avete parlato in macchina con tuo marito?”
Lei: “…della macchina in fiamme che si muoveva verso la pompa di benzina…e lui ch’era sceso in strada a vedere…e io che stavo sul balcone…e tu mi stavi dietro…ed eravamo tesi e turbati, lo sentivo il turbamento…lungo il dorso…”
Lui: “gli hai detto che stavo dietro?…ed eravamo sul balcone, io un po’ dentro e tu un po’ fuori…e la macchina che aveva preso fuoco…e”
Lei:”e…a un certo punto…dovevo farla…”
Lui: “e vi siete fermati? Dove?”
Lei: “non proprio…era tutto chiuso…e là fuori…tutto quel buio e chissà cosa…”
Lui: “e come hai fatto?”
Lei: “l’ho fatta…”
Lui: “oh, gaudio…l’hai fatta…in macchina…quella a fuoco e tu…l’hai spento!”
Lei:”…sai che l’avrei fatta anche sul tuo balcone?...”
Lui: “e…la faresti? Vestita in quel modo…con…quelle mutande calate…il cu…”
Lei: “…e tu…che sei teso dietro di me  e fai…e ti fai bagnare…”

Lei:”…sai che l’avrei fatta anche sul tuo balcone?...”
[i] Ne parla Paul Watzlawick, La storia del martello, in: Istruzioni per rendersi infelici, trad.it. Feltrinelli, Milano 1984.
[ii] Ibidem.
[iii] Cfr. Leopold Szondi, La teoria pulsionale, in: Introduzione all’analisi del destino, trad.it. Astrolabio, Roma 1975.