ixidem e un dado tutto bianco ✒la nuova sperimentazione di Carlo Pava

un dado tutto bianco


Con la sigla ixidem [ibidem con un’incognita], dal 1980, continuavo e realizzavo i giovanili progetti editoriali o para-editoriali iniziati nel periodo della contro-cultura e dell’underground dei primi anni settanta. Mi occupavo anche di altri autori, in base alle mie limitate disponibilità monetarie, quando ci credevo [prima della disillusione], proponendo una sorta di produzione domestica o semi-domestica, di nicchia, in tirature limitate, con una distribuzione brevi manu in occasione di mostre o iniziative simili: i private press books, la formula risalente ai tempi delle scelte anti-industriali di William Morris.

 

Poi i tempi cambiavano dal giorno alla notte e con la trasformazione delle tipografie tradizionali in centri grafici, con la crisi delle librerie, con gli store[s] on line, urgeva modificare le proprie posizioni per mettersi in sintonia con le nuove modalità del pubblicare. Rendendomi conto, inoltre, del grado zero a cui la critica letteraria e d’arte sembrava rassegnarsi. Intuivo un percorso diverso, un ricominciamento. E mi veniva in mente una sigla abbastanza buffa, un nonsenso con un messaggio esplicito: dado tutto bianco, 2016. Per il momento un editore di me stesso, privilegiando i miei testi, basato su uno stampatore di fiducia. Pronto a individuare altri autori, se meritevoli e originali, e non solo per il talento ma anche per le doti individuali della sfera personale. Intanto: Massimo Porfido, il traduttore di Michel Butor, “saggi sulla pittura”, SE, 1990, e un narratore nella fase di revisione dei suoi dattiloscritti.

 

Gratificato da Guanda, da Amadeus, da Campanotto, da Editoria Universitaria, in passato, considerato in fase ascendente, non amavo le trafile, le lunghe attese, gli accomodamenti, le censure, il servilismo, le lagne, per cui sceglievo in tutta spontaneità la libertà dell’operato e delle scelte, sul piano del linguaggio e dei contenuti. In soldoni: senza rendere conto di nulla a nessuno, secondo una legge del caratteriale narcisista. Le tecnologie di stampa del primo ventennio del Millennio me lo permettevano con la massima convinzione. E mi stupivo nel vedere come gli amici [detrattori e livorosi] non riuscissero a rassegnarsi per il mio procedere spedito verso una ribalta, sia pure modesta, illuminata, o almeno a me bastava e quindi tiravo dritto nella felicità della tarda età, senza il fastidio di sospettare di farmi trattare da specchietto per le allodole.

 

una nuova sperimentazione

 

Le brevi interpolazioni nei sei diari precedenti, già pubblicati in pre-edizioni e da riciclare con varianti: una nuova sperimentazione. Mantenevo le forme originarie, limandole, limitandone al massimo il feticismo delle date, accostando gli sviluppi riflessivi e/o di approfondimento in una sorta di contrappunto, in un’alternanza di presente e passato, in alcuni commentari identificabili come postumi, fra il 2021 e il 2022, come quest’ultima parte, Apocalypsis cum Figuris, per lo più inedita.

 

Soprattutto si caratterizzava il ritorno, in molte pagine, ai capitoli titolati, ai racconti, tuttavia senza allontanarmi dalla frammentarietà diaristica. Entrati in un’epoca neo-barbarica: la letteratura ne seguiva il percorso, ricalcarne le caratterizzazioni primitive. Un modello poteva individuarsi in Paolo Diacono, nei balbettii dei primi resoconti storici dopo l’epoca classica, dopo la caduta di un impero, con lacune e parti incompiute. Per passare senza soluzione di continuità dai fatti, dalle vicende vissute o documentate da fonti esatte, a quanto ispirava la fantasia sul piano delle fabulae e delle recrudescenze socio-politiche. Insomma, la critica negativa secondo cui l’opera di un autore si risolveva in una miscellanea di testi raccozzati mi lusingava, la sentivo appartenente alla mia visione e ai miei tentativi, alle prese di posizione anti-accademiche, estranee ai libri dei cosiddetti Grandi Editori, con i loro editor[s] e, come aspiranti maggiordomi, gli insegnanti delle scuole di scrittura creativa, per quanto ne sapevo per vie indirette, pronto ad ammettere gli errori nei giudizi sbagliando in modo affrettato.

 

Ed effettivamente si poteva iniziare con le riflessioni di Günther Anders: la vergogna prometeica, la consapevolezza dell’inferiorità dell’essere umano nei confronti delle macchine. L’irrilevanza della filosofia nell’accorgersi dei piani, neppure segreti, semmai in fase di realizzazione definitiva, per procedere sul viale dell’apocalisse, nell’ultima epoca della storia.

non è tra i [diari sconnessi]

 ©giancarlo pavanello 1973

Carlo Pava diari sconnessi [1987-2022]

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Apocalypsis cum Figuris [2015-2022]

 (3.continua…)