la sciagurata Romilda ✒ Carlo Pava

 

Zeus in ozio© carlo pava-g.pavanello


Carlo Pava

diari sconnessi[1987-2022]

la sciagurata Romilda

 ottobre 2021 

anche la natura diventa una merce sofisticata, di fatto e nella propaganda politica ridotta a un pretesto per il dominio della tecnologia che nella perenne corsa del progresso inizia un'involuzione senza ritorno 

 

novembre 2021

 

lo spirito di sopraffazione innato trova il massimo livello di concentrazione malevola: se si verificano le condizioni favorevoli i politici e i governativi cambiano casacca e diventano autoritari – il golpe, il golpe bianco, et coetera

 

***

 

Il Marchese de Sade non raggiungeva nella vita i livelli di scelleratezze attribuite a tanti suoi personaggi e in ogni caso tutto si svolgeva per lo più fra libertine e libertini, senza tuttavia discolparlo, gli eccessi li sperimentava, eccome, le sue manie dal soft al violento.

 

Invece troviamo racconti sadici, riferiti come accadimenti della realtà, al cento per cento in autori tra i più impensabili. Perfino il pio Paolo Diacono, Longobardo d’origine e romanizzato, diventato un fervente benedettino, nella storia del suo popolo insediato in Italia scrive l’episodio della vedova di Gisulfo, il duca del Friuli, ucciso nel tentativo di fronteggiare l’incursione degli Avari, o Unni, nel territorio della Venezia, intorno al 613 d. C.

 

Per sfuggire al massacro la famiglia superstite e la popolazione si rifugiavano entro la cinta muraria di Cividale, mentre i barbari imperversavano in tutta la regione in scorribande, incendi e rapine. A un certo punto il loro re, Cacano, con un seguito di cavalieri, girava intorno in perlustrazione per identificare il punto più facilmente espugnabile della città.

 

Osservandolo dall’interno, Romilda lo trovava un uomo avvenente: “l’infame meretrice si accese di desiderio per lui e gli fece sapere attraverso un messaggero che, se l’avesse presa in moglie, gli avrebbe consegnato la città con tutti quelli che vi erano dentro”. Il nemico non se lo faceva ripetere due volte, certo, accettava, e le porte della fortezza venivano aperte seduta stante. In altri termini: quella cercava di salvare la propria vita, il bene più prezioso, il primo fra gli istinti umani.

 

Ne seguivano le fiamme, la devastazione. 

I prigionieri maggiorenni fatti fuori [in età virile], in modo spiccio, con il gladio. Le donne e i bambini tirati a sorte per renderli schiavi. Con quale criterio possiamo immaginarlo: le più belle, i più carini. Infatti, un fanciullo, uno dei figli della sciagurata, poi fuggito, eccolo: un Avaro “esultava per una così nobile preda, il puerulus era di bell’aspetto, di occhi scintillanti, con una chioma del colore del latte, lacteo crine perfusus”.

 

Alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente quei primitivi erano posseduti da passioni e da sentimenti rozzi, tagliati con l’accetta, senza alcuna raffinatezza della moralità non innata: l’ira, il tradimento, la vendetta, la brutalità, però a volte virati in senso contrario senza soluzione di continuità, come gli girava senza tante riflessioni e tanti dubbi.

 

E la poco di buono, secondo il nostro narratore indignato, come se la passava, stava esultando per averla fatta franca? La causa del male. Il nuovo marito, per così dire, restava fedele al giuramento, ma solo per una notte, e dopo lo spasso il giorno seguente la consegnava senza tergiversare a dodici suoi cortigiani e/o banditi: “perché, dandosi il cambio, la violentassero secondo la loro libidine.” “Alla fine, ordinò che si piantasse un palo in mezzo all’accampamento e la fece infiggere nella punta aguzza, in più infamandola con queste parole: ‘talem te dignum est maritum habere’.