Aurélia Steengroot e la vecchia idea di Manuel Vázquez Montalbán.

 


15.

Aurélia Steengroot non è un’adepta del M.d.M., quell’organizzazione quasi sovversiva fondata a Praga, così narra Harry Mathews, che esorta i suoi adeptia inventarsi degli ostacoli da superare mentre si masturbano.

A Waterloo ebbe a sussurrare al poeta saraceno che ha sempre voluto cimentarsi in questa singolare prova dopo aver saputo che Manuel Vázquez Montalbán aveva sempre avuto quella vecchia idea

di spartire il Rôti dell’imperatrice con “Paola di Liegi

prima che le nevi del tempo imbianchino le nostre tempie

a condizione che la ragazza conservi quell’aria

da principessa che marina la scuola cinque giorni

a settimana per abbandonarsi tra braccia plebee

 che puzzano di soffritti profondi”[1].

 

15.1

Il Rôti dell’imperatrice sai quant’è complicato farlo,

però metti che qui al Rêve Richelle ce lo preparino tra oggi e domani, sai allora che godimento a farmi montare da un poeta che è venuto apposta dalla Calabria dopo aver  conquistato parallelamente l’oliva, ripiena d’acciuga, che appare come fine e principio di un piatto così eccitante, tolta la [rondine] di cui alla ricetta originale che va oltre qualsiasi soffritto profondo!

 

15.2

Messa così, quella vecchia idea del buon Manuel Vázquez Montalbán  stuzzicò il poeta calabro tanto che ordinò lui stesso al Rêve Richelle quel lussurioso   Rôti dell’imperatrice,

senza far parola attorno al piacere singolare doppio che avrebbe convertito il “Malessere della Musturbazione” di Praga in “Bonheur del Gaudio”, e il [41] del Foutre du Clergé de France, il cosiddetto “Sessantanove”,

in “L’oliva ripiena della Battaglia di Waterloo

altro che declamare i Sepolcri del Foscolo

ed eiaculare pronunciando il verso

 “perché non copri, dea, l’urna del vecchio?”

o una qualsiasi, vaga ed anonima, Battaglia dei Gesuiti.

 

15.3

La vecchia idea, come prima prova, per realizzare la scena fantasmata sarebbe stata realizzata al Grand Hotel Waterloo, una volta ottenuta l’[oliva ripiena] e pagato il conto,

senza minimamente, ognuno degli attanti per sé,

venire strada facendo.

L’oliva ripiena d’acciuga, che si porta in albergo,

potrà finire consumata anche in altre posture, la 31,

ad esempio, o la 12, la 14, la 25, la 33, la 34 se non la 40,

con cui si istituirà  “L’attrazione di Waterloo”,

i due attanti in posa:

l’oliva[> olijf] e il culo[>ret;gat;kont] 

di Aurélia Steengroot van Brussel.

 



da: Aurélia Steengroot. Il tergo  di  Brussel .

[6-continua ]


[1] Nel ricettario dato da  Manuel Vázquez Montalbán, si prende un’oliva ripiena d’acciuga e si mette dentro a una quaglia, la quaglia dentro a una pernice, la pernice dentro un fagiano. Questo, così ripieno, lo si mette, dentro a un tacchino, e il tacchino,infine, si mette dentro l’addome di un maialino non troppo grande che viene richiuso con grande perizia. Questo così fatto va messo tutto quanto in una casseruola per arrosti ben unta di strutto e si fa arrostire a fuoco .lento versandovi sopra di continuo lo stesso suga che gli cola. Quando è cotto a puntino, si procede alla rovescia, così: si leva il tacchino dal maialino, il fagiano dal tacchino,ecc. Fino a raggiungere il culmine di questa delizia culinaria, vale a dire l’oliva, dove si annida la saporita sinfonia dell’acciuga.