Carlo Pava
due baccanti della de-PopArt
In un’ipotesi risulta proponibile e in sintonia con il primo trentennio del XXI sec. una sorta di neo-expressionismus nell’ambito della letteratura e delle arti visive? By-passando, però, una corrente lanciata da un divo della critica verso la conclusione delle avanguardie del Novecento quando cercava di imporre la propria figura cinica da salotto in primo piano per dettare la legge ai propri succubi. Dopotutto l’ansia dei nostri giorni rimanda per somiglianza e per empatia alla fine della belle époque e alla preparazione in sordina della guerra mondiale, prima, e dell’avvento del nazifascismo, poi, in Germania stigmatizzato con ferocia da John Heartfield con i fotomontaggi agit-prop, transfuga del dadaismo, e da Georg Grosz con i disegni e i dipinti da mastino inferocito. La cosa potrebbe rivelarsi una forma di opposizione riconducibile a un Diogene di Sinope di nuova generazione, informato su quanto sta avvenendo dal Günther Anders dell’“uomo è antiquato” e dalle personalità coscienti della filosofia e della sociologia. La svogliatezza invade la mente quando le pulsioni incanalano lo spirito creativo verso la sensibilità lirica, subito appaiono in un incubo le figure delle poetesse e dei poeti tutti perbenini e in linea, senza rendersene conto, con la volontà politica degli editors che controllano il settore, il capoccia della grande editoria e i responsabili delle iniziative, dai reading[s] ai cosiddetti premi, speranzosi in attesa di sovvenzioni e sponsorizzazioni della parte occidentale del Pianeta Terra. L’accidia nella palude stigia. Inoltre, l’impazienza prevale quando il supporto e i materiali delle tecniche operative, approntati, ma in una sintassi sbagliata, allora la stesura di getto più spiccia dà un risultato deformato, come queste “due baccanti della de-PopArt”, una tavola realizzata nella modalità spazio-tempo fra il 2017 e il 2023.