un no tardivo o un ni di Ernst Jünger
Il “trattato del ribelle”, il libriccino di Ernst Jünger, va letto, di estrema attualità. Colpisce l’immagine icastica del Waldgänger, letteralmente “chi passa al bosco”, quindi “chiunque sia incline a ritirarsi o a darsi alla macchia”, per ragioni di tenuta editoriale tradotto, semplificando per estensione ma con analoga pertinenza, per gli individui, in una società totalitaria in apparenza democratica, in grado di dire “no” come persone non numerate, schedate e tenute a rispondere ai questionari, quindi al di fuori dei contesti elettorali. Una tradizione da sempre? Quella del gruppuscolo del Candido di Voltaire, per disillusione intenzionato a coltivare il proprio giardino? Il giardino segreto, l’eremitaggio più o meno divulgato ai quattro venti o l’isolamento dello stilita accidioso o del mistico? Invece, in una dimensione di resistenza e di eroismo, una sorta di agit-prop dell’anarca, una parola riassuntiva per una figura dell’autore stesso ma in un altro contesto narrativo, in questa edizione Adelphi nella sinosssi in quarta di copertina. Aggiungerei un richiamo buffo al fantastico scrivano Bartleby di Herman Melville e al suo “preferisco di no”.
Tuttavia, malgrado la buona volontà degli aspiranti spregiudicati, coscienti della fine delle vecchie ideologie delle parti avverse, vi appare l’insistenza dubbia [e indubbia] con cui questo autore viene inserito nel consesso dei grandi scrittori malgrado la sua implicazione nel pre-hitlerismo e nel post-hitlerismo, sia pure distinguendo le fasi giovanili, i ripensamenti, le posizioni altalenanti, ambigue e soft [ma non ho titoli per insinuarne il doppiogiochismo, nemmeno in una annotazione diaristica pro domo mea]. Un solo esempio: Louis-Ferdinand Céline nel dopoguerra, la sua carriera stroncata fino a ridurlo in miseria, perfino da medico di quartiere per la sopravvivenza. Veniva additato e punito a causa di qualche esternazione antisemita e di un sostegno irrilevante con chiacchiere vanagloriose da collaborazionista della strada, un fabulatore senza grandi guadagni e un antipatico della zona. Mentre Ernst Jünger, vicino al genere storico-giornalistico, arruolato nella Wehrmacht, entrava a Parigi da conquistatore e da occupante [più chiaro di così?]. Con la caduta, sopravviveva intoccabile e acclamato [d’accordo, con le opportune polemiche per confermare] fino all’età di 102 anni. Come altri ufficiali, sfuggiti alle esecuzioni esemplari del Processo di Norimberga, nei posti-chiave della NATO, almeno ne vedo insinuati fra gli anni sessanta e gli anni ottanta. Le foto reperite nella rete informatica, nel Bignami virtuale su cui non si può sorvolare nell’urgenza comunicativa, una realtà utile al dibattito del giorno d’oggi e nella difficoltà dell’individuazione degli studiosi contemporanei e fautori della libertà e dell’autonomia dei giudizi critici.