+ Nel giugno del 78, Gio Ferri, da Milano { ancora non si era trasferito sul Lago diventando, così, vicino o compaesano di quel controverso generale o colonnello che fosse dei Carabinieri, Delfino, mi pare che si chiamasse, che, insomma, guarda te il caso, veniva più o meno dalla stessa zona di Mimmo Cara, con cui Gio stesso ebbe una solida connessione} mi inviò un dattiloscritto sull’ultima poesia, La ricerca dell’unità analogica: la bibliografia qui riprodotta da quel dattiloscritto indica i poeti trattati nel suo saggio.
Al momento, il testo era inedito. Poi, non so dove sia stato pubblicato, o se sia stato mai pubblicato.
Per ricordare Gio, tiro fuori, oltre che brevi estratti dai paragrafi riguardanti i poeti trattati, il paragrafo 24 che riguarda direttamente la mia La 22^ Rivoluzione Solare, che feci uscire , sempre nell’ ambito dell’ eso-editoria e di una certa tematica avanguardistica, per i tipi del Laboratorio delle Arti, che, sostanzialmente, era compresa nell’eso-editoria come Geiger che, in verità, era lì che avrebbe dovuto uscire la mia prima plaquette tra il 1972 e il 1973; la collana del Laboratorio era "La curva catenaria" ed era diretta oltre che da Cara anche da Giuliano Gramigna e, forse, pure da Gilberto Finzi, con cui non ho mai avuto, mi dispiace, nessun grado di Stimmung o di Einfühlung, a differenza di altri amici mantovani poeti e letterati di grande spessore stilistico e culturale. Da sottolineare che Gio uscì nella stessa collana come numero 5, io fui il 4: Gio Ferri, La responsabilità, Milano 1974. E la prefazione era del mio caro amico, il mantovano, appunto, Alberto Cappi.
GIO FERRI | “La 22^ rivoluzione solare” di V.S. Gaudio un esempio inedito di accentuato mimetismo e di negazione analogica
(…)
5.Nella performance dell’ultima poesia – condotti alle estreme conseguenze processi di origine simbolistica – si dibattono, sviluppando gli insiemi infiniti e infinitesimali della realizzazione dell’análogos, due rapporti dialettici. Scatenati da più autori e, talvolta, entro l’a/stanza dello stesso autore. Da un lato lo sviluppo analogico orizzontale – storico. Dall’altro la negazione analogica individuata in profondità – dietro, piuttosto che a lato.
(…)
11. Non senza contare che anche l’analogia orizzontale, opportunamente articolata nella meta-spazialità può rivelare la sua inversione, la specularità in non sensi lunghi, ridondanti in massimo grado e quindi paradigmatici di una assenza non parcellizzata, ma totale. Il caso in cui, marginalmente, la poesia sconfina nei territori del romanzo. Del romanzo inteso come appropriazione non di accidenti temporali, bensì del continuo assoluto.
(...)
14. Nell’analisi di alcuni testi ultimi potrà seguirsi l’itinerario della contraddizione di una parola nella sua cultura – borghese ed esausta – e contro. La scoperta dei dissensi fino all’assenso nell’utopia del capovolgimento. Possibile, ora ( e sempre?), solo nella poesia.
15. Uno dei casi più significativi di asservimento e sfruttamento della parabola storica(…)è la poesia di Giorgio Barberi Squarotti(…).
16. Di Domenico Cara, la cui poetica cede al discorso piuttosto che al racconto, potremmo parlare più avanti, nell’area petitiva occupata da Majellaro e Verdi.(…).
17. La crisi supera l’incidenza acuta e si stempera nel continuo globale della narrazione memoriale, quindi assente, in “Morire di pace” di Gilberto Finzi.(…)
18.Anche Giovanni Occhipinti può dirci di questa emigrazione proponendoci un “Poema ultimo”(…)
19. Anche Paolo Ruffilli (…) si àncora alle cose e ai gesti con consistente convinzione. E cerca la storia spremendo l’oggetto, piuttosto che vagando di presenza in presenza.(…)
20. Angelo Maugeri vorrebbe addirittura non essere al di qua.. Non nascere, come discorso, per non morire. Un’”ipotesi di poesia – rileva Carlo A.Sitta – che…deve rendersi invisibile(…)
21. Ma viene a stravolgere la situazione (...)Franco Cavallo. Il quale – nel poemetto “Flusso” – affronta spericolato la perpendicolarità, congloba la storia – non si fa inglobare dalla storia- e trascina le analogie significative dei fatti insignificanti ad “occupare le regioni del silenzio”.(…)
22. (…)Si scopre qui tutto un campo di battaglia, una terra ancora di nessuno, in cui la contraddizione della parole che, per essere fuori dalla langue, nella langue trova necessariamente la sua fertilità metaforica, rimane per lo più irrisolta.(…)
In questa fascia – nella quale si situano alcune opere di (Nino) Majellaro e di altri( Franco Verdi per es.)- più ancora che i sensi e i nonsensi, le capacità effettive di penetrazione verticale nella orizzontalità alienante delle storie, appaiono come motivi interessanti e produttivi di ricerca le armi e le armature(…).
23. (…)In “Bestidiario”, che lo stesso autore definisce raccolta di “canti idilli scherzi zoomorfosi e altre ipotesi”, Andrea Genovese, spericolato, incurante di rimproveri d’ecletticità, non tralascia suggestioni, ora metaplasmi che(…)ora rivalutate in un metabolismo disteso e gratificante.(…)
15. Uno dei casi più significativi di asservimento e sfruttamento della parabola storica(…)è la poesia di Giorgio Barberi Squarotti(…).
16. Di Domenico Cara, la cui poetica cede al discorso piuttosto che al racconto, potremmo parlare più avanti, nell’area petitiva occupata da Majellaro e Verdi.(…).
17. La crisi supera l’incidenza acuta e si stempera nel continuo globale della narrazione memoriale, quindi assente, in “Morire di pace” di Gilberto Finzi.(…)
18.Anche Giovanni Occhipinti può dirci di questa emigrazione proponendoci un “Poema ultimo”(…)
19. Anche Paolo Ruffilli (…) si àncora alle cose e ai gesti con consistente convinzione. E cerca la storia spremendo l’oggetto, piuttosto che vagando di presenza in presenza.(…)
20. Angelo Maugeri vorrebbe addirittura non essere al di qua.. Non nascere, come discorso, per non morire. Un’”ipotesi di poesia – rileva Carlo A.Sitta – che…deve rendersi invisibile(…)
21. Ma viene a stravolgere la situazione (...)Franco Cavallo. Il quale – nel poemetto “Flusso” – affronta spericolato la perpendicolarità, congloba la storia – non si fa inglobare dalla storia- e trascina le analogie significative dei fatti insignificanti ad “occupare le regioni del silenzio”.(…)
22. (…)Si scopre qui tutto un campo di battaglia, una terra ancora di nessuno, in cui la contraddizione della parole che, per essere fuori dalla langue, nella langue trova necessariamente la sua fertilità metaforica, rimane per lo più irrisolta.(…)
In questa fascia – nella quale si situano alcune opere di (Nino) Majellaro e di altri( Franco Verdi per es.)- più ancora che i sensi e i nonsensi, le capacità effettive di penetrazione verticale nella orizzontalità alienante delle storie, appaiono come motivi interessanti e produttivi di ricerca le armi e le armature(…).
23. (…)In “Bestidiario”, che lo stesso autore definisce raccolta di “canti idilli scherzi zoomorfosi e altre ipotesi”, Andrea Genovese, spericolato, incurante di rimproveri d’ecletticità, non tralascia suggestioni, ora metaplasmi che(…)ora rivalutate in un metabolismo disteso e gratificante.(…)
24. Nell’ambito dell’intervento perpendicolare al senso della storia, in una viva contraddittorietà, “La 22^ rivoluzione solare” di V.S. Gaudio è un esempio inedito di accentuato mimetismo. Viene spontanea l’analogia con alcuni rilievi formalistici( di Hugh B.Cott) sulle espressioni animali di adattamento visuale in rapporto all’habitat. Quando per habitat, nel caso della poiesi, si intenda la condizione discorsiva e manieristica, che non può non essere intaccata nella norma se si vuole aprire allo scarto eversivo e creativo. Una lettura in questi termini de “La 22^ rivoluzione solare” potrà documentarci di “ombreggiature mimetiche differenziali”, di “massimi contrasti di discontinuità”(distogliere il giudizio spezzando la superficie continua), di “mascheramenti”(rassomiglianza con gli oggetti di fondo). Sono le situazioni che Domenico Cara, nell’introduzione, riferisce allo “stupro dell’a-sintattismo in senso allusivo”, subdolamente penetrativo, aggiungiamo noi, piuttosto che platealmente dichiarato.
Mi ricorda il punto vernale
quando si muove all’indietro
la precessione
la forza della forma aumenta in distanza la repulsione
s’affatica
spenta nel rosso sembra cruda, più sottile
è un’altra
quando te n’avvedi espandendoti anche tu
la fuga questa volta gonfia
o meglio una distribuzione in massa al buio
dove credi che non ci sia nessuno c’è periferia
dalla finestra radio le urla
una ricezione di folla, aliti di fame
a distanza critica l’onda sommerge
tale intimità olfattiva uccide
La lettera di Gio del 2.6.78 con cui trasmise a V. S. Gaudio il saggio L'ultima poesia. La ricerca dell'unità analogica |
Estraneità per altro non dichiaratamente metalogica, come avviene nella modalità surrealista; i contrasti sono condotti su ombreggiature e non su scissioni, tanto è vero che alla prima lettura, o a un approccio attento più alla sequenzialità del fondale che alla provocazione prudente, il processo acquisisce anche una sua cantabilità. E rimanendone suggestionati apparirà più disorientante la turba dell’equilibrio. Una sottile operazione sul linguaggio, quella di Gaudio, che darà i suoi frutti.
25. Se l’ironia è il segnale della sconfitta borghese, nella poesia di Agostino Contò(…)si manifesta senza rabbie represse e assume una funzione ludica abbastanza rara(…).
26. (…)Potremmo parlare[per Alberto Cappi], seguendo le ricerche di Benjamin L. Whorf, di un paralinguaggio “oligosintetico”, tuttavia riferito piuttosto alla proposizione che ai semi. Si tratterebbe cioè di un asintattismo costruito su un numero molto ristretto di categorie segniche.(…)
27. Chiamiamola Poemetànoia di Gianni Toti è la summa della sua lunga operazione poetica e metalinguistica, ed anche della naumachia oceanica tra ultrastoricità e negatività del profondo.(…)
28. Delle modalità formali di questa poesia[Alfio Fiorentino], pregna di attese periodiche e ansietà ritmiche,(…) qui vorremmo richiamare l’evoluzione regressiva junghiana.(...)
29. In questo rischio estremo si sviluppa ( o avviluppa) la teoresi e la prassi poetetica di Milo De Angelis.(…)
30. Giorgio Manacorda ritiene così che non si possa andare che per “tracce”, alla essenza/assenza delle cose, in una emblematica rinuncia alla orizzontalità della storia.
(...)