Il sistema Uratruna ◊





Uratruna e l’ultrastabilità

Ura Rumis a chiamarla così la signora, ‘a signùra Ruma Onux, disse De Gaudio lungo la passeggiata sul lungomare, con quei jeans seduta issa tutta sul palo lassù dalle parti del lago in Sila che cos’era, tra pelo, mutande e jeans, ‘a signura assettata tu pensi che pensava l’impensabile[i]?
Quel suo pondus rumis, cosiddetto dal poeta stesso, a (-phi) quasi quanto il palo su cui sedette, essa mi si assettò ripetutamente seduta stante per anni interi nel piacere singolare fin che, come analemma esponenziale del mio oggetto a”, decadde e venne giù lungo il meridiano a farmelo deprimere.
La forma ottimale di vita di ogni sistema è quello stato che Ashby, nel 1954, chiamò ultrastabilità[ii]: la forma di stabilità di un attante dentro un piacere singolare è molto diversa da ciò che la “sana” razionalità umana potrebbe intendere con questo concetto.



L’equilibrio dinamico di quell’attante, che io denominai Ura Rumis e anche Ura Onager non solo per quel suo naso e il muso, necessita paradossalmente, questo disse Gaudio a De Gaudio lungo la passeggiata su quel lungomare, lo stesso di prima, per il suo mantenimento, mantenimento dell’equilibrio dinamico di quel suo pondus rumis, così seduto con quei jeans lassù sul palo, insomma per il suo mantenimento, di quell’equilibrio dinamico, le oscillazioni interne devono essere continue, o quantomeno va fatta oscillare tenendola come nella 34 del Kamasutra del cosiddetto Furguwune silano.
Da quel che mi pare di intendere è che l’ultrastabilità non sta tanto nel fatto che il pondus della signora sia sul palo, quel palo alla Spaccusa, ma, come sembra che sottolineano i cibernetici, il poeta-visionatore, un po’ come il funambolo, non deve tenere ferma l’asta per tenersi in equilibrio, perché eliminando le oscillazioni dell’asta, il suo (-phi)cadrebbe, urlò quasi ringhiando De Gaudio! 
In un’ottica costruttivistica, incalzò Gaudio per non mettersi a ridere a crepapelle, si potrebbe dire che



il tentativo di creare un mondo senza disturbi produce una realtà estremamente disturbata…
non di rado l’inversione della distorsione nel suo opposto pare che sia una soluzione sufficiente, anche perché a volerlo tirare, dopo la caduta, su …come avremmo fatto ?
Perché, sì, potrebbe essere una soluzione sufficiente, ma può anche non esserlo.
Tanto che, di piacere in piacere, almeno cercando di invertire la distorsione, finì con il saltare dentro o sul filo del (-phi) mio e della signora Rumis quellagiovane Iraddruna, una che, quanto a stato di fluttuazione o di labilità, con il suo punctum di Attila, risolve il problema con qualsiasi introduzione…
Tanto che, riprese De Gaudio per non girarsi a guardare la cosiddetta arbrëshe di Shen Vasili che, con quei jeans, otteneva sempre quantità sempre maggiori dello stesso rimedio, risolvendo i problemi con l’entrata dall’esterno di quella ragazza, come dire?, un po’ vivace e formosa assai, quasi quanto quella Druuna anzidetta, l’aspetto sorprendente di queste soluzioni non è solo il carattere quasi magico che sembra essere loro proprio, intendo il sottoproprio sia della signura sul palo, con quei jeans a fior di deretano, e della ragazza di cui all’erezione longobarda,
che, a sottoproprio, non era certo da considerare una soluzione di secondo ordine.
Un cambiamento da trasformazione a trasformazione sarebbe invece una soluzione di secondo ordine, cammin facendo, finimmo il lungomare e via su arrivammo alla strada statale, cosi numerata 106, sempre sorprendendoci, noi due confubalotori Gaudio De Gaudio e peccato che non fosse con noi, a trattar di misure che non presuppongono alcuna particolare scoperta, il Gaudio Malaguzzi, uno che, quanto a rimedi universali e adozione di opposte soluzioni, ne sa una più di Satana, se non fosse che lo stesso Diavolo pare che non sia tanto addentro ai misteri gaudiosi della scrittura.

{La 34 è quella in cui chi futta fa sedifice e ‘a strocca s’assetta asupr’a issu.
Gli pizzica ‘u rusticu, ‘u furguwunija fino a qundo rigonfio di spirdi cianciarusi alza la capocchia al Medio Cielo.
Su minta int’a fessa e passa i ciaffe atturn’u cullu du pueta, ca li minta sutta i sticcuse e pizzica i chiappe, si tira su e‘amporgia improprio e intr’u tupinaru passijannu e wenzannu cianciarusu in culu, int’a fessa e supr’a strìttuwa.Quannu si stanca, rimitt’a minèca cu’ culu a’ supr’a sbarra da staccionata idduĕra e ripigghja a sparruttijāre ‘ndu culu e d’int’a tufèra tantu ca’ wenza toga‘mpracchja u palu dirittu e ‘u palu sturtu d’a sipāla.
Questa postura mobile è A' marmura ‘ntignata ‘ncolleparu u ‘ntignaturu.Oppure: Passijanne cuoddru a Gaudio ca parruttija.}

SIGMAPOST 19
Lo spirito aspro del Dasein


Disse uno{Gaudio vs De Gaudio}: nel sottoproprio del sottopassaggio, di qua Iratruna, con quel suo trunânte, uscendo di là, cosa si va a trasformare, il marsianu, di cui alla camicia verde su alla Spaccusa, della signura sul palo, Ura Rumis, che, con quel trunânte, quando le si fa fare la 34[iii],
l’ultrastabilità prescrive, in ogni momento vizioso, stavo per dire: > la pseudosoluzione della controra, che si fa di trunânte in trunânte, anche nei sottopassi, ferroviari e stradali, c’è in questo un equilibrio dinamico
che paradossalmente necessita, per il suo mantenimento, di continue oscillazioni interne ed esterne, tanto che se l’impensabile – posto che sia supposto come > il paradosso di Newcomb: > se si crede che la realtà sia tenuta sugli avambracci,
per quanto sia pesante quanto il trunânte della signura del marsianu, che  illumina costantemente anche il nostro passato remoto, e allora è ordinata rigidamente, a canone è per il fallo cosiddetto saturnino, rigido e invernale, anche in primavera, in precedenza – si chiede il poeta-visionatore –
chi mi ha innalzato il (-phi) al medio cielo, posto che non esista la “causalità a ritroso”, allora è logico farle bere entrambe alla tedesca?



Sarebbe come ridefinire l’antica controversia tra determinismo e libero arbitrio, posto che, messo anche nel salotto della signura, sia posto, o sottoposto, di fronte alla necessità quotidiana, almeno per una settimana o un ciclo lunare, di fare una scelta, qualunque scelta, come scelgo?
Mi metto seduto e non scelgo, la mia scelta può essere determinata da tutte le cause del passato: mi ha fatto innalzare il (-phi) prima Iratruna? E che sia allora lei a scegliere l’unica scelta che posso fare. 
Prima in lei làddiétro 
e poi làddiétro nell’ospite maggiore che, per come adesso sta seduta sul divano di casa, è l’unica scelta che posso fare.
Nell’immagine di quella foto[iv], in cui stando seduta col proprio imbragallato sul palo, tenta la soluzione sulla base della complementarità di causalità e necessità; cazzo- esclamò De Gaudio- esplica attraverso il proprio[v] come punto di vista, essendo così ripresa e poi metti che il visionatore nel futuro finalmente  quel suo proprio come punto di vista osserverà…
Prima o poi, fece pensieroso Gaudio, otterrà un…riconoscimento? Ebbene, da allora quanti lustri sono passati e quante volte è entrata nel mio interno volitivo,
nel rombo della voglia di Lacan: →un trunânte così sovraesposto e seduto non fa che stare seduto
sul (-phi) del poeta-visionatore che detiene quell’immagine pur essendo quel cosiddetto (-phi) doppiamente assente, sia dal quadro, o magari è stato reso invisibile >essendo a lato può essere che allora a quel cosiddetto Marsianu assittato supr’u palu, come dettaglio, il poeta-visionatore gli ha dato il riconoscimento universale, e allora era questo che pretese allora?
Bere alla tedesca sedendosi >sul palo in montagna, alla Spaccusa, dallo stesso (-phi) che, >al mare, anni prima, aveva dovuto svuotare nel cesso immediatamente tutta la capacitanza del rombo di Lacan riempita per il trunânte di quella cosiddetta Iratruna?
Il paradosso, svelò Gaudio, è che fu il Marsianu a farsi oggetto “a” irredento, entrando nei piaceri singolari circadiani, mensili e annuali del poeta, ottenendo uno score da primato, insomma da trasformazione a trasformazione, una soluzione di secondo ordine ottiene l’impensabile, nel riconoscimento e nello svelamento universale nella lingua ammašcante ci si imbatte in archetipi-sostantivi e schemi verbali in stretta assonanza →con quella del trunânte longobardo detta anche Iraddruna, Ura Rumis, ‘a signura du palu, anche per l’enzuvë che, nei piaceri singolari che sono di sua competenza, sono sempre originati e connessi da quel luogo, potrebbe anche essere nel rombo di Lacan del poeta-visionatore comea Varmitta ‘i Torre Mellaro, →‘a Strocca Santusa, ‘u Trunânte ‘i Parròt, → ‘a Marmura Enzuvata.
Certamente su questi due analemmi esponenziali dell’oggetto “a” il poeta-visionatore medita a lungo, cioè li furguwunìa a dovere nei suoi piaceri singolari, come se fosse un dilemma, per anni, anche se sembra fare, enzuvare e impalare più a lungo e in modo più sfacciato e impensabile quella del Marsianu, che è quella del podice rumis, del lento allargamento sommesso e ottuso, tra l’ampiezza della terra e la volgarità profonda tra pelo e compartimenti liquidi, c’è sempre , annessa, o nell’ombra, quel trunante longobardo che, è innegabile, è come se fosse nel paradosso dell’autoreferenza[vi]: è proporzionale in questo al podice del Marsianu, che, in questa relazione, sembra che possa essere considerata, o è lei stessa che si considera, l’autovalore del trunante longobardo al quadrato, →è il trunânte di Torre Mellaro, non dimentichiamolo:
il poeta-visionatore, cui quell’immagine del Marsianu seduta sul palo fu composta e donata, non resiste, nel corso delle visualizzazioni future,
all’impulso di imbragallarla, così com’è, con quei jeans e quella camicia, si fa nel piacere singolare la pelle di quel trunânte,
non una volta sola, ma,
di anno in anno,
ogni giorno,
con punteggi annuali ,
per un lustro e più,
superiori a 400 :
il senso si mangia nella controra, è impensabile che di là da Torre Mellaro c’è Cavaliere, sembra che si sia nella storia di uno dei Racconti di Canterbury di Chaucer:
un cavaliere della Tavola Rotonda di Re Artù, ritornando al castello dalla caccia, incontra sul cammino una ragazza meravigliosa che siede sul ciglio della strada e non resiste all’impulso di violentarla.
L’orrore per questo misfatto è tanto grande che il poeta-visionatore ne imbragalla addirittura un’altra, quella più matura, e beffa il re e la Tavola Rotonda; poi, dopo anni, riappare la ragazza loncubarda, e allora che fa il poeta?
Rifiuta di compiere la scelta, così non ripete l’errore, in attesa che il tertium datur venga fuori, nella stessa relazione, e al tempo dovuto entri in un altro piacere singolare del poeta o nello stesso, senza che lui si chieda se mai esista →quello che cerca e, se sì, allora se ne aggiungerà → un altro di analemma esponenziale Lilith, che è patafisica nel cosmogramma del Marsianu(Lilith+Sole/Venere), esattamente a 180 gradi dalla Lilith(+ Luna) di Iratruna, si trasformerà in una Minéca dal bagliore ainico ancora più marsianu di quella che con quei blue-jeans stava sul palo a Torre Mellaro. Lilith delle due attanti, nel cosmogramma del poeta-visionatore, è sulla>cuspide della casa Quinta<, quella del (-phi) al quadrato> (-φ)2; il punto delle antisci, è davvero incredibile, corrisponde ↔ all’asse dell’Ascendente e del Discendente del poeta:
il bagliore ainico del trunânte Marsianu che appare e si eclissa su quell’ angolo di 180° nel cielo di Longubardo e della Turra Mellaro o del Cavaliere.  Il posto giusto, dove il trunante si alza lungo il suo meridiano?

tenendoti sospesa sull’impalcatura con il corpo che
nell’arco delle gambe stringe un lento allargamento
sommesso e ottuso, un lampo bianco che tra i compartimenti
liquidi immerge l’ampiezza della terra, e la volgarità , e la
sessualità della terra che questo tuo equilibrio di credente
e mantide che ti fa la più maestosa amante che possiede
debitamente la sua una e trina proporzione di realismo,
spiritualismo e senso estetico perché è questo che il corpo
fa vedere questa superba musica della tempesta, raffiche
veloci e libere io vedo, che sibilano giù c’è questo forte
frusciare delle vette degli alberi, questo vento delle montagne
è il vigilante strumento che riempie il mio eretismo perpetuo
dal momento in cui la linea dell’orizzonte
ha ottuso lo sguardo ‘du spinnu
trioffa du riarmune gaudia 2.0/2011/12

la macchia secca del tessuto, questa ombra più
colma di azzurro sul buco in cui il verde
contro questa linea che va tagliando ‘u sule
non c’è vento troppo largo per bere la polvere
né lampo di luce o linee più chiare del tuo podice
il suono scende anche per gradi
la montagna,’a spaccusa, lo preme e poggia sulla staccionata
l’aria si volta e la tua carne bardata s’impracchja
su per le gambe e più su si gonfia ra cammisa che
ha un sentiero tracciato ad altezza  da finestra
fino in fondo supr’a peddra di minne  e di jirita
ca ‘u munnu  tengono sulla linea del tuo meridiano
ginztogu, l'eclittica e il marsianu gaudia 2.0/2019//07

tanto è alto stu riguardo
che a 14 gradi du Liune
ti passo e ripasso menz’u culu
prima di intignare improprio
in ‘sta lustra da’ strocca indignata
u justrusu ca è a 14 gradi du picciune
furguwunijo menz’u culu
cugnâvutta e ddrugu ca ‘ncuttunija
caè ‘na cawizza è cawin e chignazzu
rusticu grânnaru varmitta i Parrott
ddrugu ca t’intigna  alla 14 insellata
supr’a cuffa a scecâme aperte
ti minto u ‘mbrogliu e menzu int’u trunânte
santusa mia e marmura t’infarcuno a 40 ‘ndrugate
e doppu ti faccio mintifice int’a pitta ‘e sòsu
scibbiunando a rârica e filice
ca ti fa di sivusu u pinzune da Turra Mellaro
oh marmura mia e murfusuna impacculâta e wenza toga
14 gradi du liune blueblow 2015/02/09


di fronte c’è Torre Mellaro e più in là Cavaliere 
in questa altezza di 1405 metri sospesi sopra la minchia
colano sul luogo, sull’erba sperma e miele di femmina
che si immergono nell’azzurro e nel verde
ciascuno fatto di legno e carne, fica e culo
quasi indiscernibili, tanto che il senso si mangia
nella controra e fa eco al suono vento a caso
al prato con la merda di vacca, al legno
bagnato su cui stai seduta forgiando u ddrugu 
se alla curva du culu un taglio gaudia 2.0 2017/02

[i] “Esiste tuttavia l’inesprimibile,”dice Wittgenstein(Tractatus 6.522)”esso si mostra, è il mistico”. Poi quando ,salendo lungo la scala di Wittgenstein, in cima, o su quel palo, si getta via la scala, allora, dopo, riguardandola così seduta,allora,si  vedrà correttamente il mondo del Marsianu, ovvero ‘a trioffa du rïarmune[=la carne del mondo]. Ed è, ancora, il silenzio dell’inesprimibile, è quello il gaudio?
[ii] Cfr. Paul Watzlawick, La deviazione al servizio della propria correzione>Management ovvero costruzione di realtà, in: P.W., Il codino del Barone di Münchhausen, trad.it, Feltrinelli, Milano 1989.
[iii] Cfr. V.S. Gaudio, Furguwune silano| 2.Le posture> Uh Magazine/2012.12
[iv] La figura che immobilizza la posa che è alla base del Furguwune è tra il “califourchon”francese, “a cavalcioni” [di cui, ad esempio,alla 9a de “Il mondo rovesciato”(“’U Rïarmune arra storta”), alla 10a de “Il mondo aperto e rovesciato”, alla 32a,33a, 34a del “Foutre du Clergé de France”, e di cui alla numero 23 “Il capro davanti all’albero”, alla 24 “L’uccello della giungla” e alla 27 “La scimmia gemebonda che abbraccia l’albero” del maestro Tung-hsůan nel “Fang-Pi-Shu”, se non alle ultime 3 posizioni del Fol. 26/10, HNC, “Lo scoiattolo che si succhia i peli”(che è la 7a),“Le scaglie di pesce che si sovrappongono”(che l’8a), “Le gru coi colli uniti”(che è la 9a)] e un “a cavalcioni” del Dasein, che è una variante anche dell’ ”a cavalcioni” in ginnastica, in cui si sta in appoggio a gambe divaricate e parallele, solo che più che avanti o indietro è un “cavalcioni a fianco”, “a sponda”, “laterale”, come una metonimia, destinazione Heimlich del presente della posa e del futuro della fotografia e del fantasma che“furguwunerà” l’eretismo perpetuo del visionatore, è, in verità, un a cavalcioni dell’eclittica, per come il palo sia obliquo e per come alla fine dell’estate, verso l’equinozio autunnale, essendo la donna seduta dove è più alto, si piega verso il destinatario, che è alla destra della minèca, è il punto ascendente.V.S. Gaudio, Furguwune silano |2.Le posture >Uh Magazine/2012.12
[v] Il “proprio”, sarebbe, in un’appendice dell’ammašcante, il cosiddetto “culo”. Si dice che sia una deformazione del furbesco “proso”. Quindi, è sinonimo di “trunânte”.
[vi] Cfr. Paul Watzlawick, Il codino di Münchhausen e la scala di Wittgenstein  Idem, Il codino del Barone di Münchhausen, trad.it. cit.