Funes, e il punctum fisico del Nome [ƒ]






La Sexistencia © El Tomi
Dormire nel rombo di Lacan🔷
Stimmung breve con Jorge Luis Borges
 Funes, o della memoria 1942]

dormire nel rombo di Lacan
Dormire è distrarsi dal mondo; scrisse Borges; e come a Funes, appunto, al poeta gli era difficile dormire: sdraiato sulla branda, al buio, si figurava, lui Funes, ogni scalfitura e ogni rilievo delle case precise che lo circondavano; il poeta: verso sud, quella sul balcone, cosiddetta Gnesa, il giorno del suo onomastico, nei jeans neri e dentro i primi mesi della gestazione, così pregna di senso, tanto che il poeta con quella in quel suo piacere singolare, così posta e presupposta, aveva elaborato un sistema originale di numerazione e in pochi giorni, da quel 21 gennaio, o forse un anno dopo quando la riprese per il suo (-phi), aveva superato in un mese100: ["Gnesa"] come 70 e 70 come [“cazzo”] o anche [“Gaz”], che, in shqip, essendo Gaudio, fa 70, invece [Gaudio] farebbe 71; se [Gnesa] fosse stata, per via della “n”, che è 2, perciò: 20, a vederla così messa nella posizione 20: lei volta la schiena al poeta , in una posizione non priva di attrattive, cosiddetta [dell’imbronciata], anziché 70 - 40= 30, ah, [la carriola], e presa sul balcone, con le mani sulla ringhiera, e il poeta-visionatore , che è in strada, va su e le afferra le ginocchia e poiché la strada è lunga, spinge la carriola per gran tempo. Poi, detto tra noi, al 30 c’è anche il napoletano [“mazzo”], anche come ["taìtu"], elaborata corruzione siciliana di tight, il “battichiappe”, sarebbe 11 e, passando dal “battichiappe” alla [“Giaca”]: è la parte del corpo, di Gnesa che si trova nel punto in cui finisce la giacca., il numero sarebbe 67. 
Il naso, che il poeta forse una volta ha intravisto a distanza, di quella cosiddetta Gnesa, da “našca” fa presto a formalizzarsi come ⇢[“nasa”], detto fatto: 20: essendo gravida, le si fa la [nasa]! A Napoli. 
A Palermo: la [“fiura ‘i cincu”], figura del cinque, 23: e quindi “2+3=5 stando il culo 23” ne fece addirittura l’etimologia  il Calvaruso; 23, a numeri siffatti, come nome darebbe [“Nome”]: la [figura del cinque] ovvero il [Nome]!
funes vs il punctum fisico
del Nome
E quindi
[Gnesa] è il [Nome], cazzo che Nome! Manco “Martina”, essendo Martino il culo, potrebbe sostenere il pondus di Gnesa: e poi…arrivarci…3412 [=Martina]!
Di là da quel balcone, c’è la ferrovia, che per Funes, era settemilaquattordici [=7014], e per il poeta ottocentoquarantotto [=848], oppure: ottomilaquattrocentoquarantotto [=8448], ogni tanto sulla ferrovia, in disuso, passano treni merci con il carico cosiddetto della cicogna [676]. Pertanto, pensò il poeta: arriverò a questo numero [676? 848? 8448?7014?] intanto che colma il tempo della gestazione?
Adesso: essendo il poeta solitario e lucido spettatore d’un mondo multiforme, istantaneo e quasi intollerabilmente preciso, come, egli scrisse: la tangibilità somatica di quella [Gnesa],di cui, lui, sdraiato, si figurava la pelle e la carne del tergo, il rilievo preciso, minuzioso e vivo della sua percezione, e della percezione di Gnesa, in un godimento così lungo da farci quel sistema numerale in cui , per esempio, arrivati a 89, che può essere [“fiepa”], in triestino il seme della zucca, evidentemente, non solo per analogia di forma, la vulva,  senza fatica si ripiglia, in questa contrada della torre isolata e saracena, sulla strada dei cani e degli scalzacani, a enzuvarlo nella fiepa di Gnesa così pregna per tutto il tempo che ci vuole a cicli di 89 enzuvate x 89 volte[=7921]? La [pignata], come recipiente, che è al 921(il 7 perduto è quello del "Gaz"), e la [Patafia] al 918 cosa comporterebbe? Che il poeta mandi a memoria l’opera oscena Pataffio attribuita a Brunetto Latini?
Funes, o della memoria
Nel mondo sovraccarico di Funes [⇢82] e del poeta non ci sono che dettagli, quasi immediati:
Ireneo[⇠42] li tira fuori dalle profezie e delle piramidi, il poeta rende implacabile non solo la memoria ma anche la moltiplicazione del gaudio in un vocabolario infinito connesso alla serie naturale dei numeri, e là dentro il gaudio delle tre e quattordici in primavera anche se ha lo stesso nome del gaudio delle 8 e cinquanta nell’inverno successivo, ha un’altra dimensione e un’altra forma, pur venendo sullo stesso tergo con la stessa identica pelle di quel culo di Gnesa[⇢20] quel 21 gennaio sul balcone.
Ireneo Funes enumerando, tra i casi di memoria prodigiosa registrati dalla Naturalis historia: Ciro [⇢64], re dei persiani, che chiamava per nome tutti i soldati del suo esercito, 
altro che il cavaliere, cosiffatto, 
Pietro La Regina [⇢5462] col suo ufficio anagrafe delle Trebisacce; 
Mitridate Eupatore [⇢914], che amministrava la giustizia nelle ventidue lingue del suo impero, 
un po’ come questo signor 
Conte [⇢721] preposto ad amministrare lo spostamento, a macchina piuttosto che a piedi, del cittadino italiano per andare a comprarsi il pane, che fa decreti con l’autodichiarazione, secondo la 445 del 2000, anno santo anche per la nuova, insostituibile, ineguagliabile, inutile cosiddetta legge del cambiamento del nome e del cognome, nei 139 articoli della Costituzione di questa cosiddetta Repubblica; 
Simonide [⇢321], inventore della mnemotecnica, cui fa un po’ in parte il verso lo stesso poeta con la sua mnemotecnica per il piacere singolare con ‘Gnesa
Metrodoro [⇢31414], che, come ancora lo stesso poeta, era capace di ripetere fedelmente ciò che aveva ascoltato una sola volta. 
funes, vs il punctum fisico
di Gnesa
Funes, prima di quella sera piovigginosa in cui il cavallo lo travolse, era stato ciò che sono tutti i cristiani: un cieco, un sordo, uno stordito, uno smemorato. Per diciannove anni aveva vissuto come chi sogna: guardava senza vedere, ascoltava senza udire, dimenticava tutto, o quasi tutto. Cadendo, perdette i sensi; quando li riacquistò, il presente gli fu intollerabile tanto era ricco e nitido, e così pure i ricordi più antichi e banali. Ireneo poco s’accorse della paralisi, l’immobilità era un prezzo minimo: come il poeta, così contenuto adesso per via del virus di Wuhan: e allora la sua percezione e la sua memoria, di quel gesto e di quel suo mettersi sul balcone allora quel 21 gennaio, noi non l’avremmo nemmeno ricordato come figura indistinta in un tempo indistinto, il poeta[⇢71], come Funes[⇢82]: le forme tra la linea del tergo e i jeans neri, e la pelle e il canale, la carne del tergo contro il tessuto, e le mutande stesse, quelle, non avendole viste, perciò enzuvate tra pelo del culo e (-phi), seta della Maison Lejaby, di sicuro solo il poeta ne ha la sensazione muscolare, termica, fisica, che ricostruisce e rivive ogni volta quando a numero invocato ripete il relativo piacere singolare per giornate intere e nei suoi dormiveglia, i suoi sogni sono come la vostra veglia, la sua voglia, la sua memoria è come il rombo di Lacan, voi potete intuire qualcosa, il poeta come Ireneo[⭌42] vede il pelo [⭌95] di Gnesa[⭌20], il canale[⭌725] del tergo[⭌147], la parola[⭌945] che si fa carne [⭌742]e (-phi)[⭌9-8=-1], e sempre ascende al quarto grado della scala erettiva di Berne [⇢942] tra i punti arabi della sua Anima[Å] e il punctum fisico [ƒ] di quell’analemma esponenziale che è Gnesa e che , nei cicli di tempo di cattività, come in questo ai tempi del virus di Wuhan[⭌882], si inerpica per il meridiano, il vertiginoso mondo del poeta.

pelo del culo di Gnesa:95-75-20
pelo del tergo di Gnesa:95-147-20


(-phi) e canale del tergo di Gnesa