Seguendo la logica
ricorsiva di von Foerster, prendiamo la polifrase
imperativa di F.Pinzùne, così
come è estratta dalla →sua epistola
di quel 20 giugno, è un enunciato definitivo composto da →40 lettere, da→ |Enzo| a→
|insistere|; e di altre →98 da→ |ma se puoi| a →|farlo
io|. Come se l’autovalore della
scrivente fosse la somma dei due numeri: 40
+ 98= 138. Che significato ha, dal punto di vista numerico? L’autovalore è matematico e per essere
compreso è trasferibile simbolicamente in altri campi dell’esistenza→ c’è nell’autovalore, come autoreferenza, mettiamo nel punzone
di Lacan, un sistema che trascende se stesso, in questo modo dimostra la
propria coerenza, la rende non tutta visibile ma in una sorta di eclissi, non
ricorre a un sistema più grande e a sua volta non chiuso. Insomma, è con questo
sistema che l’autoreferenza di F.Pinzune si porta a compimento come il
pezzo di bravura del Barone di Münchhausen, di cui al→ Sigmapost 19.
L’imperativo e la stessa
ins/Zistenza, il fallo richiesto e
imposto, è lo schema verbale dell’autovalore
di F.Pinzùne, ha la stessa totale struttura sado-orale della pulsione “s”
di Szondi, che potrebbe essere rinominata in questo caso come la cosiddetta “pulsione di Francisca”, Francisca
come mezzo, attrezzo, strumento omologo al cosiddetto Tomahawk, ovvero
la “pulsione di Francisca Pinzùne”,
che, non vi sono dubbi, è l’autovalore
→ somatizzato dell’assolutismo
patagonico che ha come se fosse l’autoreferenza
→corporale del punzone di Lacan.
Scrisse Watzlawick[i]: |Quello che ci insegna il
fenomeno dell’autoreferenza è che né il mondo ha un senso né non ce l’ha- che
la questione del senso è senza senso. Quello che il mondo non ha non può
neppure nasconderlo. Già Wittgenstein(Tractatus
6.5)ha detto: “non esiste l’enigma” e”la soluzione del problema della vita va
vista nello svanire di questo problema”(6.521). Il mondo ha un autovalore che
alla fine è il nostro proprio.|
Si tratta proprio del|proprio|[ii] di→ F.Pinzùne, per via del suo →“Francisca
fisiognomico” e della sua pulsione cosiddetta |“s”|, raddoppiata o commutata in|“z”|, per via dell’ |ins/zistenza|
fatta a→ Enzo, e al suo autovalore del
cosiddetto →Enzuvë, che, già a quei
tempi, era dentro lo specchio del cosiddetto →“Jésuve” di Bataille[iii].
A distanza, esiste, per
via del 6.522 di Wittgenstein(Tractatus),
l’inesprimibile, “esso si mostra, è il mistico”: nella polifrase di F.Pinzùne, questo inesprimibile è il mistico dell’imperativo→
“indicami i mezzi per farlo io”, l’Enzuvë, e, ah quel Jésuve di Bataille, e allora, non esiste l’enigma, è la →“Bataille des Jésuites”? Che, al
femminile, non è quella standardizzata come schema proairetico del →5 vs 1, ma, infine, cosa non ha scritto
F., o se lo ha scritto, noi non abbiamo letto tutta la sua lettera, qualcosa
come la 6.54 di Wittgenstein→|la mia polifrase
illustra così: colui che mi comprende, infine la riconosce insensata, se è
salito per essa – su essa – oltre essa. Egli deve, per così dire, gettar via la
scala dopo che v’è salito (al meridiano suo e mio). Egli deve superare questa polifrase, allora cosa farà? O dovrò farlo
io?|
SIGMAPOST
|
20.
Lo spirito aspro del Dasein
L'autovalore 15
|
Nel suo piacere
singolare, cosiddetto →“gaudio
singolare”, che sarà sempre omologo a quello che, in silenzio, per
via dell’inesprimibile e del mistico, si sta facendo il destinatario della
polifrase, l’autovalore numerico della
polifrase matematicamente configurerebbe la messa in scena più o meno realizzata
nella posizione dello stesso numero del cosiddetto Foutre du Clergé de France(1790)→ 138 – (41x3=)123=|15|[iv]”il rovescio della cavalcata”: che così dovrà farselo:→ si sdraia sul ventre, con un cuscino sotto, anche piegato
in due,in modo che il deretano, il suo proprio
sia sollevato, e il poeta indicato si
sdraia su di lei e la ‘ncùpa[v]
‘nd’u Nânte e ‘nd’u Mârsiânu[vi].
[i] Paul Watzlawick, 10. Il codino di Münchhausen e
la scala di Wittgenstein. Sul
problema dell’autoreferenza, in: →P.W.,
Il codino del Barone di Münchhausen,
trad.it. Feltrinelli, Milano 1989.
[ii] Cfr. nel Libbretto per insegniare la parla a mascho→ “intignato improprio”: “fricato in c.”; e Proprio,
der. Furbesco “proso”: “culo”. Il “libbretto”
è un manoscritto calabrese inedito dell’Ottocento, contenuto in: John Trumper, Una lingua nascosta. Saggio sul linguaggio dei quadarari di
Dipignano, detto ammašcante,
Rubbettino editore, Soveria Mannelli 1992.
[iii] Cfr. Georges Bataille, Il Gesuvio, in→ Dossier
dell’occhio pineale, in: Georges Bataille, Critica dell’occhio, trad. it. Guaraldi editore, Rimini-Firenze
1972.
L'autovalore 15 di Penzù evoluto... |
[iv] A numeri, potremmo fare
un po’ come i matematici, che hanno a disposizione il linguaggio
matematico(numeri, segni algebrici, ecc.)per la matematica stessa e i linguaggi
naturali per esprimere la metamatematica, noi possediamo solo i linguaggi
naturali per esprimere sia la comunicazione che la meta comunicazione: fatto il
conto delle “s” e delle “z” disseminate nella cosiddetta “polifrase” di quella Francisca Pinzune, abbiamo una sorta di punto
cieco, di punto “Marziàn”(vedi alla
nota→ vi), come se
lì, in quel numero, si concentrasse la totalità delle impressioni visive, è
proprio il numero del Marsianu: 12 “s”
e 3 “z” da →Ins/zistere a Enzo←, ancora
15, il
rovescio della cavalcata, non fu anzidetta, l’autrice del calligramma del “fallo”, “a
marmura intignata”{→l’asina,
la ciuccia, fricata}? Per l'evoluzione dell'autovalore della cosiddetta→ "Pinzù" o anche: → "Penzù'", inequivocabile e irredento, perentorio, cfr. →Il bollettario del ceppo dell'unghia, →Uh Magazine 5/18/2019 .
[v] “fa” . →‘Ncupare= “fare”: →Dizionario Ammašcante-Italiano
ed Italiano-Ammašcante, in: John
Trumper, Una lingua nascosta, ed.cit.
|Marsiânu|
: “cieco”, “buco”, “sesso femminile”. Forse il termine ha qualche connessione
con la voce del gergo romano →“Marziano”:
“fanale”, “lampeggiatore” e di quello torinese →“Marziàn”:
“luce azzurra”. → Dizionario Ammašcante-Italiano
ed Italiano-Ammašcante, in: John
Trumper, Una lingua nascosta, ed.cit.